Patrimoniale (si legge Imu) in agenda Pd? Piace a Orlando ma Renzi dice no al vizietto fiscale

di Sergio Carli
Pubblicato il 27 Aprile 2017 - 10:28 OLTRE 6 MESI FA
Patrimoniale (si legge Imu) in agenda Pd? Piace a Orlando ma Renzi dice no al vizietto fiscale

Patrimoniale (si legge Imu) in agenda Pd? Piace a Orlando ma Renzi dice no al vizietto fiscale (foto Ansa)

Il vizietto della patrimoniale torna a rodere la sinistra. Dei tre candidati alla segreteria del Pd, due la hanno proposta nel corso del dibattito mercoledì sera su Sky: Michele Emiliano e Andrea Orlando a favore, Matteo Renzi contrario. Patrimoniale vuol dire Imu e tutti gli italiani sanno bene il disastro provocato da Mario Monti e Enrico Letta, sulla strada tracciata da Giulio Tremonti, con l’inasprimento delle tasse sulla casa, unico bene al sole che non si può nascondere. Tutte le altre componenti di un patrimonio chi ha potuto le ha nascoste: di conseguenza, a essere colpiti sarebbero sempre i soliti fessi che pagano le tasse.

Soprattutto Orlando ha strutturato la sua campagna per le primarie del Pd sul tema dei poveri, che, sotto il suo patronato e con la regia dello Istat, da due milioni sono diventati più di 11 milioni.

Stanno creando un clima di terrore, che si tradurrà in una fuga sempre più massiccia di italiani all’estero. E in qualche voto in più a Berlusconi.

Solo Matteo Renzi ha detto no alla patrimoniale e ha fatto bene:

“Una patrimoniale in questo momento non è una soluzione”

Purtroppo poi si è rivelato in malafede sul tema della web tax.

Sul tema patrimoniale, è Orlando che ha elaborato di più:

“Il bacino in cui `pescare´ è tra quell’1% di popolazione che detiene il 25% della ricchezza del Paese. Se faranno questo sacrificio stapperanno qualche bottiglia di champagne in meno…”.

Dopo 20 anni che la sinistra orienta la politica fiscale in Italia, con i disastrosi risultati che sono sotto gli occhi di tutti, una parte della sinistra iniste. Ammette Orlando che la pressione fiscale

“va ridotta, ma dobbiamo vedere come perchè non ci sono risorse per tutti e bisogna partire da chi sta peggio”.

Mi chi sta peggio, secondo il Fisco metà degli italiani, già le tasse non le paga o ne paga pochissime. La botta sarebbe per quella metà di cittadini che già si vede sottratta la metà delle sue entrate. Ancora oggi una parte della sinistra in Italia non ha capito la differenza fra ricchezza da proprietà terriera e ricchezza da lavoro.

Orlando poi ha aggiunto, seguendo un leit motiv che va avanti dai tempi della guerra con risultati evidentemente vani, ha invitato a controllare “i grandi capitali che sfuggono”. Poi, in una esplosione di velleitarismo, ha esortato a lavorare sulla spesa pubblica. “Va rivista, non ridotta ma renderla più produttiva”.

Michele Emiliano ha giocato di rimessa: “Favorevole”, si è detto, ma solo se “non riusciamo a fare scendere la spesa pubblica. Se riusciamo a selezionare i tagli, non in modo lineare, e decidere cosa tagliare, bene. Sennò bisogna chiedere a chi ha di più».

Emiliano ha concordato sulla necessità di

“innanzitutto varare una web tax: chi vende sul web sia equiparato ai piccoli commercianti. E con queste entrate finanziare a regime uno sgravio fiscale permanente che consenta più soldi in busta paga e meno costi per gli imprenditori.

Sul tema, Orlando e Renzi sono invece allineati sul negativo, nel Pci- Ds – Pd c’è una lunga tradizione di convergenza su tv e telecomunicazioni. Orlando:

“Bisogna stare attenti che non rimanga una scelta isolata, rischiamo solo che non vengano più nel nostro paese. Per questo spingiamo per un’unione fiscale europea”.
Renzi: la web tax “non dovrebbe essere fatta dall’Italia senza attendere l’Ue, perché alla fine ci fregano e se ne vanno da altre parti. Ci vuole un’unione fiscale europea: chiuderò la mia campagna a Bruxelles perché la partita è lì”.

Un modo per buttare il problema in fallo laterale, che esattamente quello che vogliono le multinazionali del web. Peccato che del mercato italiano non possano fare a meno e che già tutte le loro attività in Europa siano basate a Dublino, Irlanda, dove le tasse sono un quarto di quelle italiane.