Antonio Azzollini (Ncd), chiesto arresto per Divina Provvidenza. Prese due suore

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Giugno 2015 - 13:19 OLTRE 6 MESI FA
Antonio Azzollini, chiesto arresto per crac Divina Provvidenza. Prese due suore

Antonio Azzollini, chiesto arresto per crac Divina Provvidenza. Prese due suore (foto Ansa)

ROMA – Chiesto l’arresto per il senatore di Ncd Antonio Azzollini, all’interno dell’inchiesta sul crac della Divina Provvidenza in Puglia. Si tratta di case di cura in orbita Vaticano. All’interno della stessa inchiesta, scrive l’Ansa, sono state arrestate anche due suore. Azzollini (presidente della Commissione Bilancio del Senato e ex sindaco di Molfetta) è indagato già per un’inchiesta sui lavori del porto di Molfetta. Per quell’inchiesta la Giunta delle autorizzazioni del Senato non ha concesso l’uso delle intercettazioni. In carcere, scrive Claudia Carbonara sul Corriere della Sera, sono finiti Dario Rizzi, Antonio Battiante, Rocco di Terlizzi; ai domiciliari la madre superiora Marcella Cesa e suor Assunta Puzzello, Antonio Damascelli, Adrijana Vasiljevic, Angelo Belsito, Augusto Toscani.

Due suore arrestate.

Tra le dieci persone arrestate per il crac della Casa Divina Provvidenza vi sono anche due suore “massime responsabili della Congregazione delle Ancelle”, che si trovano ai domiciliari. Gli altri arrestati sono un ex direttore generale, amministratori di fatto, consulenti e dipendenti dell’Ente. Gli indagati sono in tutto 25 e tra loro compaiono professionisti, ex amministratori della Cdp e politici locali, tutti coinvolti in vari episodi di dissipazione e distrazione di risorse dell’Ente.

Stando a quanto si legge negli atti ufficiali della Congregazione, – ha rilevato la Procura di Trani, citata dall’Ansa – il servizio pastorale delle Ancelle della Divina Provvidenza, consisterebbe nel prendersi cura delle persone colpite nelle facoltà intellettive e fisiche, privilegiando le aree di particolare necessità e di abbandono ‘per farsi voce di chi non ha voce’. Le indagini hanno chiarito invece, secondo la procura, “che i nobili principi ispiratori della venerabile missione avviata dal Padre Fondatore ormai non sono altro che un lontano ricordo”.

“Negli ultimi decenni si è invero assistito ad un lento ed incessante processo di secolarizzazione della Congregazione – è stato sottolineato – divenuta facile e ghiotta preda di poteri forti e di trame politiche; nel corso di questo processo involutivo le stesse Ancelle (o per lo meno, alcune di esse) sembrano aver completamente rinnegato i canoni fondativi della loro missione, rendendosi complici, quando non addirittura protagoniste di primo piano, dei gravi misfatti compiuti all’interno dell’Ente”. Le misure cautelari sono state adottate in relazione a numerosissimi reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta ed altri, nell’ambito del crac dell’Ente Ecclesiastico che, a causa di una pesantissima esposizione debitoria di oltre 500 milioni, si trova attualmente in amministrazione Straordinaria.

 

Sequestrati 32 milioni di euro e un immobile.

Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Trani sul crac delle Case di cura Divina Provvidenza, gestite dall’ente religioso denominato ‘Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza opera Don Uva onlus’, i finanzieri hanno sequestrato la somma di 32 milioni di euro circa e un immobile destinato a clinica privata a Guidonia (Roma) e appartenente all’ente ecclesiastico ‘Casa di Procura Suore Ancelle della Divina Provvidenza’. Il denaro e l’immobile, secondo l’accusa, sarebbero stati fittiziamente intestati ad altri enti ecclesiastici paralleli gestiti dalle suore della Congregazione, nel tentativo di sottrarsi ai creditori e quindi anche allo Stato. Dei 500 milioni di euro a cui ammonta il crac delle Case di cura, oltre 350 milioni di euro sono rappresentati da debiti nei confronti dello Stato. A nove dei 10 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Trani Rosella Volpe su richiesta del procuratore aggiunto Francesco Giannella e del sostituto procuratore Silvia Curone, la Procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più reati.