Arresti preventivi e Daspo: il “fascismo al naturale”. Viminale: “Provocano la piazza”. E la droga della “generazione meno”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 20 Dicembre 2010 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA

Qualcuno al Ministero degli Interni se n’è accorto, qualcuno di quelli pratici dell’ordine pubblico e qualcuno responsabile, dell’ordine pubblico e responsabile e basta. Se n’è accorto ma ha dovuto restare anonimo mentre diceva al “Corriere della Sera” che minacciare arresti preventivi (Gasparri) e Daspo per i manifestanti serve a far bollire il pentolone della piazza. Mercoledì gli studenti e non solo tornano in piazza e su di loro c’è da parte del governo e della maggioranza l’insulto, la provocazione degli arresti preventivi e del Daspo. E, da parte dell’opposizione, al movimento viene fornita la droga della “generazione meno”. Loro…speriamo che se la cavano.

Si torna in piazza e fioccano stupidaggini, di governo, di stampa e di tv. Maroni e Alemanno sbandierano la nuova, grande misura di una “zona rossa” più vasta e grande che pria, più inviolabile che mai. Grande novità: la “zona rossa” chi scrive se la ricorda esistente e applicata da più di quaranta anni. E’ dagli anni sessanta che la “zona rossa” a Roma comincia a Piazza Venezia, più in là i cortei non andavano, lì ci si fermava. Se ci si voleva fermare. Le “zone rosse” sono da che mondo è mondo ovvie e doverose. Ma non hanno mai impedito scontri di piazza. Scontri che si accendono se li vuole la polizia o se li vogliono i manifestanti: tertium non  datur. Se la polizia, o meglio il governo che governa la polizia, vuole gli scontri, allora vieta e impedisce la manifestazione. Se lo scontro lo vogliono i manifestanti, allora provano a sfondare gli sbarramenti. Il resto è stupida bugia. Dire di “zona rossa” come antidoto agli scontri è dire nulla, aprire l’autorevole bocca e dare inutile fiato.

Altra stupidaggine: le “squadre mobili”. Presentate come la nuovissima invenzione che ogni scontro e violenza seda. La “Celere” si chiama così da più di mezzo secolo. Indovina perché l’hanno chiamata “celere”… Ma fin qui, tra zone rosse e reparti mobili, siamo alla chiacchiera comiziante, insomma al linguaggio delle autorità quando tagliano un nastro. Con l’arresto preventivo e con il Daspo siamo invece al vero salto di qualità. Dispiace dover usare la parola e dispiace ancor più non faccia nessuna impressione usarla, doverla usare e sentirla usare. Dispiace ma la cultura è quella, quella fascista. Proprio fascista e non solo autoritaria, perché proprio come il fascismo mescola e frulla dramma e operetta. L’arresto preventivo e di chi? Sancito da chi? Dei “facinorosi” ovviamente. E chi stabilisce chi è “facinoroso”? I magistrati? No, quelli no, sono lenti, molli e talvolta complici. Chi è facinoroso lo stabilisce il governo tramite la sua polizia. Vogliamo ricordare a Gasparri che ogni Costituzione democratica sottrae volutamente al governo in carica questo potere, vogliamo ricordare a Gasparri che i diritti politici sono in ogni costituzione occidentale primi e non secondi ad ogni altro diritto? Vogliamo ricordargli che Mussolini stesso dovette attendere il 1926, cioè un mucchietto d’anni dopo la Marcia su Roma, per emanare legge che disponeva gli arresti preventivi? Perfino la dittatura dovette consolidarsi prima di mettere nero su bianco gli arresti preventivi.

Con il Daspo poi, sponsor Mantovano e poi Maroni, il dramma va in scena con le note dell’operetta. Il Daspo, il divieto di partecipare alle manifestazioni. Non pena accessario ma purga preventiva della piazza. Per essere “purgati” quale il comportamento che comporta il Daspo? Fischi, turpiloquio, striscioni offensivi, pernacchia, cordone che blocca il traffico, bomba carta, lancio di oggetti? Tornelli in piazza, tessera del manifestante? E per quante “giornate” si viene “daspati”? Vale a vita, per un mese, per un anno? Agli ultras da stadio viene lasciata la possibilità di vedere la partita in tv, ai manifestanti? E se incorrono a migliaia in comportamenti “scorretti” secondo il metro del governo, Daspo a tutti? Questa non è tolleranza zero, è zero responsabilità. Si azzerano le responsabilità individuali che, anche quando criminali, le individua e persegue un giudice e non un ministro. Si azzera la responsabilità di difendere e garantire l’ordine pubblico democratico, che non è un aggettivo buttato lì a caso. Questo è fascismo che viene fuori, erompe “al naturale” in una coalizione di anime e menti che è stata finalmente “purgata” da ogni politico di professione. Il Daspo c’era e c’era pure l’arresto preventivo: quando i “sovversivi” e i “sospetti” la polizia li chiudeva in casa o in cella per un paio di giorni quando il governo non voleva chiasso o noie. Il solo pensarlo è appunto “fascismo che esce al naturale”, non più represso neanche da nozioni minime ed elementari di edicazione civica e civile.

Al confronto con questa bancarotta della democrazia minima impallidisce anche il rischio di default di riformismo di chi illude il movimento degli studenti, e non solo degli studenti. Si scrive e si dice che la loro giusta rabbia è conseguenza dell’essere la “gnerazione meno”, cioè quella che avrà meno dei loro genitori. Meno lavoro, meno salario, meno pensioni, meno qualità della vita. Vero, ma poichè c’è meno per tutti, e questo nnesuno ha il coraggio di dirlo, come si fa a non farla pagare solo ad una generazione? Come si fa perché quel meno non sia tutto a carico dei giovani? Si toccano le case, i patrimoni, la spesa pubblica? C’è il dovere di dirlo, altrimenti il grido di solidarietà “Generazione meno” è droga spacciata per medicina. Scrive su La Stampa Irene Tinagli un articolo dal titolo “L’alleanza che soffoca l’Italia”. Articolo che meriterebbe essere letto ovunque, in Parlamento, nei talk-show tv e nelle assemblee a scuola e nelle università. Irene Tinagli non è berlusconiana, è donna, è competente, è giovane, insegna. Vogliamo leggere? “Governo non fa nulla e c’è un’opposizione non solo politica ma anche sociale e civile che si chiude sulla difesa dell’esistente, legittimando e dando voce a una miriade di piccoli e grandi conservatorismi…il paradosso italiano è un governo che non modernizza il paese incalzato da forze ancora più conservatrici, un paese terrorizzato dal cambiamento”. La Tinagli giustamente mette insieme, attribuisce la stessa natura al No Tav, al rifiuto di pagare le quote latte, al no ad ogni discarica, al no ad ogni modifica di scuola e università. “Nessuno ha il coraggio di dirlo” scrive la Tinagli (coraggio che manca anche al Terzo Polo ed è questa la sua politica vacuità). Coraggio di dire a chi manifesta che “ha ragione a chiedere prospettive di vita migliori ma ha torto a chiedere le condizioni di prima…invece che lotte per impedire la flessibilità, strumenti e soldi per vivere degnamente in un mondo flessibile”. Ma non ne trovi uno a sinistra che parli con coraggio a questa “generazione meno”. Con coraggio e con rispetto. Dire a questi giovani che hanno diritto, qui e adesso, a un lavoro. Ma non a un “posto”. Dire che hanno diritto all’opportunità e alla fatica dello studio, non al titolo di studio a buon mercato. Dire che la Gelmini taglia ma che, stante la scuola e l’università che ci sono, se non tagliasse sarebbero soldi per una fabbrica di discoccupazione e ignoranza. Dire che i soldi per l’istruzione li deve trovare non solo il governo ma la società tutta togliendoli ad altro e ad altri. Dire che ribellarsi, ribellarsi e non solo protestare, può essere giusto ma non dovrebbe mai essere cieco.

Si torna a manifestare, stretti, costretti tra insulti fascisti spacciati per misure di governo e dosi di droga neo conservatrici spacciate per sociale solidarietà. Che dio la mandi buona a questa generazione, e non solo in piazza.