Berlusconi: “Col passaporto andrei ad Antigua”. In fuga dal Pdl non dai giudici

di redazione Blitz
Pubblicato il 15 Novembre 2013 - 09:24 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi: "Col passaporto andrei ad Antigua". In fuga dal Pdl non dai giudici

Berlusconi: “Col passaporto andrei ad Antigua”. In fuga dal Pdl non dai giudici

ROMA – Berlusconi: “Col passaporto andrei ad Antigua”. In fuga dal Pdl non dai giudici. Non fosse che il countdown della scissione Pdl è già partito, la battuta di Berlusconi sarebbe perfino migliore di quelle di un Crozza. “Col passaporto me ne andrei ad Antigua” (la battuta è accreditata da Francesco Verderami, retroscenista del Corriere della Sera) e uno pensa a fughe rocambolesche per evitare l’umiliazione dei servizi sociali, a esili volontari per non compromettere la dignità e non darla vinta agli odiati giudici. Non è così, la realtà può essere perfino peggiore delle prospettive più nere: Berlusconi non ne può più di mediare, ricucire, tamponare in un partito dove tutti, sorriso in bocca e mano sul cuore, combattono la battaglia della vita per assicurarsi il favore del capo, mentre si contendono le sue spoglie prima ancora che politicamente sia morto.

I numeri a Palazzo Madama garantiscono la sopravvivenza delle larghe intese, i numeri a Forza Italia sanciscono invece la prevalenza dei lealisti, e Fitto ha buon gioco a rivendicarlo, per ribadire che «una maggioranza non può assoggettarsi ai voleri di una minoranza», e a mettere di fatto Berlusconi dinnanzi a una scelta: o noi o loro. Ecco, è proprio la posizione assunta infine dal Cavaliere, quella di arbitro cioè tra due contendenti, a lasciare ancora aperto uno spiraglio, a tenere tutti con il fiato sospeso, a far ipotizzare un colpo di scena prima della fine. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

In fondo, l’attuale “tortura politica”, fatta di pranzi con Alfano, cene con Santanchè, incontri con giovani falchi, pressioni dei mediatori ecc… dimostrano una volta di più la solitudine del capo nel vuoto assordante di una corte che lo soffoca. Sarà lui a decidere, come già il 2 ottobre con la giravolta finale della fiducia a Letta. Riferisce Verderami che forse il suo tocco magico, quando chiama uno a uno i senatori “renitenti”, non sortisce gli stessi effetti di una volta: di fronte alle blandizie, alle promesse, ora spesso si sente rispondere “voto le larghe intese, lo faccio per il tuo bene”. E’ in questo momento, di mattina, perché a mezzogiorno potrebbe essere già tardi ricomporre la frattura, che Berlusconi deve decidere che fare di un Pdl, che ben più di giudici o avversari lo cinge d’assedio.