Berlusconi sincero mastica amaro: “Così l’Italia resta incivile”

Pubblicato il 20 Luglio 2010 - 17:30 OLTRE 6 MESI FA

Non si può dire che l’uomo non sia sincero. Berlusconi sapeva certamente dell’emendamento di governo, del suo governo, con cui si allenta eccome, fino a farlo quasi cadere, il cosiddetto “bavaglio alla stampa” in materia di intercettazioni. L’emendamento di governo, di governo ripetiamolo ancora, riprende in buona parte quello che era stato un argomento contrairo alle legge nella sua stesura originaria. Un argomento delle opposizioni, dei magistrati, della polizia, dell’antimafia,  tratti perfino dell’Onu. Diceva l’obiezione: se vuoi proteggere la privacy devi impedire la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche che non c’entrano nulla con le indagini. Altrimenti, se impedisci la pubblicazione di tutte le intercettazioni non proteggi la privacy, proteggi il crimine dalla pubblicità.

Da qui la richiesta: un’udienza “filtro” in cui il giudice delle indagini, il pubblico ministero e le parti decidessero quali intercettazioni “c’entravano” con le indagini e quali no. Ad esempio: un ministro intercettato parla di appalti, appalti sotto indagine per la loro irregolarità. Questo fa parte delle indagini e quindi si può pubblicare. Invec e lo stesso ministro parla al telefono delle abitudini sessuali di un suo amico, caso mai nella stessa intercettazione. Questo non c’entra e non si può dunque pubblicare. Richiesta ignorata anzi respinta nettamente per mesi e mesi dal governo e dalla maggioranza. Ora l’emendamento di governo accoglie questa richiesta nella sostanza, anche se non è chiaro, e non è cosa da poco, quando si dovrà tenere l’udienza “filtro”. Fino a quella non si può pubblicare niente e quindi se tarda all’infinito potrebbe essere un modo subdolo di ritardare la pubblicazione degli atti di indagine “rilevanti” e pertinenti.

Richiesta accolta perchè altrimenti Napolitano non avrebbe firmato la legge. Perchè Fini e i suoi si sono opposti alla legge made in Ghedini in nome della legalità. Perchè la stessa “gente”, come si vedeva dai sondaggi, sentiva odor di bruciato nell’oscuramento totale delle intercettazioni. Berlusconi sapeva certo a mezzogiorno, anzi prima, che quell’emendamento era presentato dal suo governo. Ma qualche ora dopo ha voluto essere sincero: ha detto a chiare lettere che la legge così emendata e cambiata non gli piace, che “lascia la situazione come era prima…senza la libertà di parlare al telefono”. Addirittura ha detto che con la legge così cambiata l’Italia rinuncia ad “essere un paese civile”. Con la massima sincerità ha detto che l’emendamento gli è stato imposto, estorto. Da chi? “Da una struttura istituzionale che non consente di produrre ammodernamento”. Insomma è come se avesse fatto il nome di Napolitano e il cognome della Costituzione.

E per essere ancora più chiaro e sincero ha lamentato ancora una volta la “Sovranità in mano ai magistrati”, la “Corte Costituzionale di sinistra”, “lo scandalo di un privato che può essere intercettato”. Il premier ha voluto apertamente mostrarsi stoppato, fermato, deluso, di fatto sconfitto sulla legge intercettazioni. Ma non rassegnato: il suo messaggio è stato che con questa Costituzione e queste regole non si può fare come vuole lui. E che quindi Costituzione e regole, garanzie e istituzioni vanno cambiate. Messaggio non nuovo, sotto fondo di ogni campagna elettorale di Berlusconi e già quasi eco della campagna elettorale che verrà.