“Berlusconi può ancora vincere le elezioni”. Perché? Sondaggi, programmi…

Pubblicato il 20 Gennaio 2013 - 09:15 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi ride. Ricolfi spiega: “Berlusconi le elezioni può vincerle ancora”

ROMA – Un mese fa sembrava impossibile. Oggi, a dire il vero, è ancora abbastanza difficile. Eppure una chiara inversione di tendenza c’è, lo dicono i sondaggi: Silvio Berlusconi, nonostante lo spread, la crisi, lo svantaggio, la discesa in campo di Monti, gli impresentabili in lista e tutto il resto, queste elezioni politiche le può ancora vincere. 

La considerazione porta Luca Ricolfi della Stampa a chiedersi: “E se vincesse davvero?”. Il pensiero del giornalista corre subito all’estero dove “sarebbero increduli”. Da Angela Merkel a Barack Obama. Per trovare qualcuno contento bisognerebbe arrivare in Russia, nella dacia di Vladimir Putin o in Turchia, a casa Erdogan.

Ma perché Berlusconi può vincere? Ricolfi parte dai sondaggi e da quel tipico comportamento che spinge chi dichiara le proprie intenzioni di voto a non essere sempre del tutto onesto. C’è chi davanti all’intervista opta per un piccolo partito che poi non voterà, oppure chi sale in anticipo sul carro del vincitore annunciato salvo poi cambiare idea nell’urna.

Scrive Ricolfi:

I sondaggi, per cominciare. Non tutti se lo ricordano, ma è esistito un tempo in cui i sondaggisti accorti «correggevano» i sondaggi. Se nelle interviste la Dc raccoglieva il 35% dei consensi, il sondaggista esperto diceva al committente: qui bisogna aggiungere qualche punto, perché molta gente preferisce nascondere che vota Dc; certo, la voterà, al momento buono, ma non ama dirlo, nemmeno a uno sconosciuto intervistatore.

Un meccanismo, secondo il commentatore, che opera anche oggi, e che può produrre sorprese:

Se nelle interviste i Verdi prendevano il 4%, il sondaggista esperto dimezzava la percentuale, perché sapeva che la dichiarazione di voto ai Verdi era la tipica risposta-rifugio.   Quella risposta-rifugio che non ti fa fare brutta figura (che male c’è a votare verde?) ma intanto ti permette di non dichiarare la tua vera preferenza. Meno diffusa era un altro tipo di correzione, che comincerà a essere presa in considerazione soprattutto nella seconda Repubblica: se tutti credono che le elezioni le vincerà un certo partito, conviene potare un po’ i consensi del vincitore annunciato. Si sarebbe dovuto fare fin dal 1976, quando ci si aspettava il trionfo del Pci (che poi non ci fu), ma sarebbe stato bene farlo soprattutto nel 1994 e nel 2006, quando un po’ tutti erano sicuri di una schiacciante vittoria della sinistra, che di nuovo non ci fu. Quest’ultimo, negli studi elettorali, si chiama effetto winner: saltare sul carro del vincitore al momento del sondaggio, per poi scegliere quel che si vuole quando si va a votare davvero. 

Ricolfi, quindi entra nel merito dei programmi. E’ vero, “Berlusconi non è credibile”. Ma in tema di programmi non è credibile neppure Monti. E nella storia della seconda Repubblica c’è un fattore di cui tenere conto:

Un altro fattore che gioca a favore di Berlusconi. Nella seconda Repubblica il cosiddetto incumbent, ossia l’ultimo che ha governato, non ha mai vinto le elezioni. Gli italiani hanno sempre bocciato chi aveva governato, e hanno sempre scommesso su chi stava all’opposizione. 

Da questo punto di vista far cadere Berlusconi senza andare al voto è stato un grosso assist a Berlusconi stesso: ha concesso agli italiani il tempo di dimenticare la loro delusione per il duo Tremonti-Berlusconi e di convogliare tutta la loro rabbia sul governo Monti. Un anno fa Berlusconi era il governo uscente e Bersani era l’opposizione che si candidava a prendere la guida del Paese, oggi il governo uscente è quello di Monti, e l’opposizione è Berlusconi, non certo Bersani che con Monti e il suo governo è stato assai leale. Insomma lo svantaggio di essere l’ultimo ad aver governato ricade su Monti, e il vantaggio di essere l’opposizione – dopo lo strappo con Monti – è tutto di Berlusconi. 

Non è quindi questione di programmi e di credibilità, ma di arrivare al “ventre degli italiani”. Cosa in cui, secondo Ricolfi, Berlusconi resta il più bravo.

Secondo me è Berlusconi che ha più probabilità di intercettare gli umori della gente. E spiego perché. Da almeno due anni, dunque da prima dell’avvento di Monti, i sondaggi segnalano che il problema delle tasse è diventato assolutamente prioritario, come non lo era mai stato prima. Di fronte a questo problema chi è più credibile? La sinistra, che le tasse e la spesa pubblica le ha nel suo Dna? Il governo Monti, che i mali dell’Italia li ha curati innanzitutto con maggiori tasse? O Berlusconi che promette di eliminare l’Imu sulla prima casa e l’ha già fatto con l’Ici? 

E sul lavoro, l’altro grande problema degli italiani, chi è più credibile?  La sinistra, verrebbe da dire. Però guardiamo anche al linguaggio, alle parole che si usano per farsi capire dagli italiani. «Mettere il lavoro al centro», slogan ripetuto fino alla noia dai dirigenti della sinistra, non evoca nulla di preciso, di concreto. Dire che chi vuol assumere un giovane a tempo pieno potrà farlo senza pagare un euro di tasse e contributi («come fosse in nero», ha detto Berlusconi in tv), uno dei cavalli di battaglia del centro-destra, è una proposta che chiunque capisce, e chi ha un’attività apprezza. 

Insomma Berlusconi può vincere davvero. Il favorito non è lui, d’accordo. Ma “guai” a darlo per “bollito”. Come conclude Ricolfi: “Se fossi Bersani dormirei ancora sonni tranquilli. Non tranquillissimi, però”.