Una botta ai costi della politica, panico nei Comuni e nei partiti

Pubblicato il 23 Gennaio 2012 - 13:27 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Una bella botta, una vera riforma, un taglio concreto alle spese della politica? C’è, ci sono. Anche se la pubblica opinione fatica a vederli, comprensibilmente ipnotizzata dai vitalizi dei parlamentari e dei loro rimborsi spese. Altro che dimezzamento dei parlamentari e riduzione dei lori stipendi, altro che viaggi pagati e pranzi sotto costo nei ristoranti e bar delle Camere. Anche se tutto questo arrivasse, sarebbero bruscolini: decine, centinaia di milioni sottratti, defalcati dal costo della politica. Invece c’è fresca di conio una norma che toglie dalle mani della politica miliardi. Una norma che i partiti politici e i governi locali, i Comuni in prima fila, proveranno a disfare di notte, quando nessuno guarda, come faceva Penelope.

La norma è quella all’articolo 26 del decreto appena approvato dal governo. Dice che i Comuni dovranno mettere a gara tutti gli appalti superiori a 200mila euro. A gara, che vuol dire a gara? Vuol dire che i sindaci non potranno più affidare appalti e lavori superiori a 200mila euro a trattativa privata, cioè in house, cioè “fatti in casa”. E che vuol dire fatti in casa? Significa niente controllo sui costi, niente trasparenza e consigli di amministrazione delle aziende che prendono gli appalti e gli incarichi di servizio sicuramente pieni di ex politici locali. Centinai, migliaia di aziende lottizzate dalla politica e dalla politica sostenute con denaro pubblico, il più gran costo della politica. Aziende di trasporti, rifiuti, gestione dell’acqua. Aziende gestite “in casa”. Una bella botta, una vera riforma, un taglio concreto al costo della politica. Ma il Parlamento vigila, Pdl e Pd, Idv e Lega, Anci, sindaci e Governatori sono pronti ad attutire, rinviare, limare, eludere, eccedere, emendare, magari cancellare.