Capuozzo: “Direttorio M5S non voleva espellere De Robbio”

di redazione Blitz
Pubblicato il 20 Gennaio 2016 - 12:49 OLTRE 6 MESI FA
Capuozzo: Per direttorio M5S non c'erano estremi espulsione

Rosa Capuozzo, Rosy Bindi

NAPOLI – Capuozzo: Per direttorio M5S non c’erano estremi espulsione. “Il direttorio M5s mi disse che non c’erano le condizioni per l’espulsione di Giovanni De Robbio“. E’ quanto ha detto il sindaco di Quarto (Napoli) Rosa Capuozzo, parlando dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia.

La prima cittadina, al centro del caso politico-giudiziario che da settimane scuote il Movimento 5 stelle e per questo espulsa, continua ad accusare i vertici grillini. Dinanzi alla commissione capitanata da Rosy Bindi ha detto di aver chiesto l’espulsione di De Robbio per ben tre volte, ma solo l’ultima volta, quando lei fu ascoltata dai pm napoletani che stanno conducendo l’inchiesta, dopo la quale minacciò le proprie dimissioni se De Robbio non fosse stato cacciato, la sua richiesta fu finalmente accolta dal Direttorio.

“Ho chiesto già da luglio l’espulsione di Giovanni De Robbio ai Cinque Stelle, l’ho chiesta subito e poi altre due volte, già durante il periodo della questione dello stadio, che era una questione politica, un simbolo. Ma ciò non è avvenuto”.

“Sono passati solo 7 mesi ma sono sembrati 7 anni dal giorno del mio insediamento”, si è poi sfogata. E ha aggiunto: “Le pressioni di De Robbio sono arrivate subito: doveva farmi incontrare degli imprenditori”. Il riferimento è alla gestione dello stadio Giarrusso del municipio da lei amministrato.

In alcuni passaggi il sindaco ha definito il consigliere De Robbio “un guascone, un esibizionista, un provocatore”, ma in altri ne ha evidenziato l’aggressività (“ho subito pressioni gravissime perché incontrassi degli imprenditori per la vicenda dello stadio”). Al punto che la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi l’ha interrotta per chiederle esplicitamente: “Allora era minacciata o no?”.

“Il mio errore è stato cercare la figura giuridica delle minacce ma quella non c’è stata”, ha risposto il sindaco. “Io ero infastidita ma la figura giuridica della minaccia non c’era, io sono avvocato e non potevo denunciare un qualcosa che potevo percepire, infatti ho parlato di ricatto in uno sfogo telefonico. Altro è denunciare una minaccia se non hai prove di nulla”.

La minaccia non c’è stata – ha aggiunto – perché non è completamente stupido, per questo non ho potuto denunciare”. Capuozzo ha anche detto di “aver rischiato quando ho aperto lo stadio” e di aver avuto “la percezione di poter denunciare Giovanni De Robbio quando lui mi fece vedere le foto” del presunto abuso edilizio.

Sulla vicenda dell’appalto idrico e fognario, è intervenuta l’assessore agli Affari Generali del Comune, Donatella Alessi, rendendo noto che la prefettura ha comunicato il commissariamento dell’appalto per 12 mesi e il traghettamento verso un nuovo appalto.

“Due assessori sono stati indicati da Fico, al Bilancio e alla Legalità ma non sono mai arrivati perché nel frattempo è arrivata la mia espulsione”, ha precisato Capuozzo, che intendeva fare un rimpasto a dicembre e che ha detto di aver sempre voluto che “il controllore fosse altro dal controllato”. “La mia linea politica – ha precisato . è stata sempre chiara nessun assessore doveva essere legato al territorio”.

Il capogruppo del Pd in Commissione Antimafia Franco Mirabelli ha chiesto l’audizione in Antimafia di Roberto Fico. A quel punto il vicepresidente dell’Antimafia, Luigi Gaetti (M5S) ha chiesto che vengano auditi i ministri Graziano Delrio e l’onorevole Faraone, “ovvero quelle persone che non hanno mai chiarito la propria posizione”, l’uno su Brescello, l’altro sul sostegno chiesto a Pizzuto.

“La versione che il sindaco Capuozzo ha fornito qui è edulcorata”, ha fatto notare Stefania Prestigiacomo (Forza Italia). “E’ poco credibile, ha aggiunto, che si chieda l’espulsione di un collega di partito solo perché chiede di avere maggiore peso politico nelle decisioni del sindaco”. Bindi ha evidenziato che “è fondamentale che la lotta alla mafia non sia considerata o usata come mezzo di lotta politica o di divisione partitica, strumentalizzabile in un senso o nell’altro a seconda delle convenienze”.