Castelli, Frattini, Gasparri: la “trinità della croce” da cucire sul tricolore

di Lucio Fero
Pubblicato il 30 Novembre 2009 - 14:59| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Frattini e Gasparri

Roberto Castelli lo vedete spesso in tv, ha un’aria quasi sempre severa e ammonitrice, quella di uno che vuol far sapere di sapere lui come si raddrizza il mondo. Al riguardo ha fornito l’ultima “dritta”: «Occorre un segnale forte per battere l’ideologia massonica e filo islamica che attraversa anche le forze alleate della Lega».

Il “segnale forte” è «l’inserimento della croce nella bandiera italiana». Castelli svela quindi l’alleanza, si deve supporre planetaria, tra massoni, islamici e finiani. E contro questa alleanza maligna chiede di mettere Cristo nel tricolore, quel tricolore che i leghisti qualche anno fa volevano «mettere nel cesso» e che non tanto omaggiano di solito.

Infatti i ministri leghisti alla celebrazione della Repubblica il due di giugno non vanno e nel taschino portano una “pochette” verde, allusione per nulla velata ad un’altra bandiera da quella italiana. Castelli in un passato governo ha fatto il ministro, nel governo attuale fa il vice ministro, quindi proprio uno che passa lì per caso non è. Infatti Maurizio Gasparri, che non è della Lega ma capogruppo in Parlamento del Pdl, non lo lascia solo: «La paziente Svizzera si è stancata, anche in Italia…».

A conforto e rinforzo dei due arriva uno dei ministri più importanti, quello degli Esteri, Franco Frattini: «Ipotesi suggestiva quella della croce nella bandiera, vedremo cosa si può fare, è un’idea perfettamente normale». E’ pura e fedele cronaca, cronaca della “invidia” che il referendum svizzero ha acceso fini dentro il governo e la maggioranza che governa l’Italia. Tanta è l’ammirazione per l’appena edificato “muro svizzero” anti Islam che poco vale la rassicurazione: in Europa e probabilmente nel mondo l’Italia conserva la leadership delle leggi ed ordinanze anti stranieri.

A seconda del sindaco o del Comune, gli stranieri regolari per avere una residenza devono essere in buona salute, un po’ come i cavalli e le mucche. Per ottenere un domicilio devono accettare ispezioni che verificano se sporcano mura e pareti. Se vogliono sposarsi e fare figli, magari con un partner straniero come loro, devono attendere il permesso, il sì al “ricongiungimento familiare” che la legge esplicitamente considera sospetto e quindi centellina e ritarda.

Possono dunque fare sesso e procreare in tempi e modi stabiliti dall’autorità, in Alabama nel secolo scorso non avevano saputo far di meglio. E se pagano i contributi perchè lavorano, i loro contributi valgono la metà: no, questa non è passata, non ancora. Insomma, nonostante lo “scatto” svizzero, siamo ancora primi.

Lo stesso giorno di Castelli, un intellettuale e manager, evidentemente snob, con la puzza al naso, un sacco di soldi e probabilmente anche «massone, filo islamico e finiano», scrive una lettera aperta a suo figlio. «Stai per finire la tua università, sei stato bravo…Penso con amarezza a ciò che ti aspetta. Questo paese, il tuo paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio…Per questo il mio consiglio è che tu prenda la strada dell’estero…». Pier Luigi Celli è stato direttore generale della Rai, ora è direttore generale della Luiss, università che fa capo alla Confindustria. Dunque, un sovversivo malmostoso.

Lo stesso giorno di Castelli, Gasparri, Frattini e Celli, il “governatore” della Puglia, Nichi Vendola, rilascia un’intervista in cui dice: «Tutti mi vogliono riconfermato, i verdi, il partito socialista e Rifondazione». Cioè più o meno, se questi sono gli sponsor, il 3/4 per cento dell’elettorato.

Ma a Vendola non sembrano pochi e, comunque, lui un’idea chiara ce l’ha sul perchè altri non lo vogliono: Casini è il leader dell’Udc, Casini è il cognato di Caltagirone, Caltagirone lavora anche in Puglia. Ecco svelato l’arcano, una questione di “famiglia”. E poi Vendola porta prove del consenso di massa di cui gode: «Un vecchietto mi ha regalato un orecchino e mi ha detto: non mollare».

Un giorno strano, un giorno storto nella tranquilla normalità italiana? Due giorni prima tutti i tg e i quotidiani hanno “aperto” con la notizia: «Il capo del governo non è indagato per mafia». Il mondo alla rovescia, la notizia sarebbe il contrario e che un capo di governo “non” sia indagato per mafia è l’ovvietà. Volendo si potrebbe fare un titolo del genere ogni giorno.

Ma…Il giorno prima ancora i quotidiani di destra vicini al premier avevano titolato: “Berlusconi indagato per mafia”. Se l’erano chiamata? E perchè? Comunque in un mondo normale se un direttore annuncia e stampa l’incriminazione del premier e poi si constata che era una notizia falsa e sbagliata, quel direttore si dimette o almeno prova a spiegare e chiedere scusa. Invece il giorno dopo il titolo era: «Non sanno più cosa inventarsi». Autobiografia?

«Chiamate gli infermieri» è l’unico filo che lega tutte queste cronache. Chiamate gli infermieri perchè qualcuno straparla e minaccia di essere nocivo, pericoloso per se stesso e soprattutto per gli altri. Decidete poi voi se gli infermieri debbano correre all’indirizzo di un ministro degli esteri cui appare “normale” fare l’imitazione di Costantino imperatore romano convertito al cristianesimo al punto di farne religione di Stato e di metterlo in bandiera, insomma, “in hoc signo vinces” duemila anni dopo.

Oppure a casa del vice ministro che vede “massoni e islamici” uniti nella lotta. Oppure al recapito del rivoluzionario gentile della sinistra pugliese che si proclama martire dell’alleanza D’Alema-Caltagirone. Dite che a far queste scelte c’è troppo lavoro per gli infermieri? Che non ce la fanno, che non ce la farebbero neppure a mandarli? E allora gli infermieri non resta che mandarli a casa di Celli e di suo figlio che, addirittura, pensano di lasciare questo paese perduto. Sì, è questo l’indirizzo giusto per gli infermieri: dove la follia è norma, abitudine e costume, sono i sani di mente quelli da rinchiudere.