Decreto sviluppo, il governo pensa a tetto massimo di 6 anni per i processi

Pubblicato il 13 Giugno 2012 - 17:57 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 13 GIU – I processi devono terminare entro sei anni per rispettare il principio della ragionevole durata: 3 anni in primo grado,2 in secondo,uno in Cassazione.

L’ultima bozza del decreto Sviluppo modifica la legge Pinto e stabilisce che per ogni anno oltre il tetto, il giudice dovrà liquidare come equa riparazione una somma tra i 500 e i 1500 euro. La legge Pinto e’ quella che ha sancito il diritto a un’equa riparazione per coloro che hanno subito un processo di durata eccessiva, in applicazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, che stabilisce il diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole e che ha portato l’Italia a ripetute condanne davanti alla Corte europea.

Sinora il legislatore non ha mai indicato l’entita’ di tale termine, anche se l’orientamento consolidato della giurisprudenza ha fissato la ragionevole durata , cosi’ come fa ora la bozza del dl sviluppo, in tre anni per il primo grado, due per il secondo e uno per il giudizio in Cassazione.    Il testo del governo introduce tuttavia dei limiti alle richieste di indennizzo. E anche per quanto riguarda il danno liquidato opera una stretta, visto che sinora la media del risarcimento riconosciuta dai giudici per ogni anno di irragionevole durata partiva da 1000 euro.

Misure anti fallimento. Le aziende colpite dalla crisi, ma che hanno comunque prospettive di ripresa, non saranno obbligate a dichiarare il fallimento ma potranno ricorrere direttamente al concordato preventivo. E’ quanto prevede il pacchetto del ministero della Giustizia da inserire nel decreto Sviluppo.    La riforma del diritto fallimentare messa a punto dal ministro Paolo Severino, secondo quanto puo’ anticipare l’Ansa, riprende le soluzioni del Chapter 11 del ”Bankruptcy code’ americano.  L’obiettivo delle misure e’ di incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi per favorirne una piu’ rapida soluzione.

Il ricorso diretto al concordato preventivo senza passare prima per la dichiarazione di fallimento, consente la continuita’ dell’attivita’ dell’impresa. Infatti questo consente all’azienda di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio, come la sospensione automatica delle azioni esecutive. Cosi’ si impedisce che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a arrivare ad un vero e proprio stato di insolvenza.

Viene poi previsto che l’ammissione alla procedura di concordato con continuita’ non impedisce la continuazione dei contratti stipulati con la Pubblica amministrazione, purche’ un professionista attesti la conformita’ al piano e la ragionevole capacita’ di adempimento dell’impresa. In deroga alle regole di esclusione del codice dei contratti pubblici, si prevede inoltre che l’impresa in concordato con continuita’ puo’, a determinate condizioni, partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici”. Questo avrebbe consentito il salvataggio negli anni precedenti di alcune aziende nel campo dei servizi informatici.

Nel pacchetto giustizia che entrera’ nel dl Sviluppo ci sara’ anche la riforma della legge Pinto sull’ indennizzo per la mancata ragionevole durata del processo, nonche’ l’introduzione di un filtro alla possibilità di proporre ricorsi in appello in sede civile.