Eolico in Sardegna, il giudice: “Quasi una nuova P2 contro lo Stato. Manovravano anche il Lodo Alfano”

Pubblicato il 8 Luglio 2010 - 16:46 OLTRE 6 MESI FA

Flavio Carboni

Quasi una nuova P2: non solo facevano affari e tangenti ma tentavano di condizionare gli affari di Stato fino al punto di tentare di intervenire sulla Corte Costituzionale per condizionare il giudizio sul Lodo Alfano. Sono queste le clamorose rivelazioni del gip del Tribunale di Roma, che ha spiegato i motivi dell’arresto di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino.

I tre sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti sull’eolico in Sardegna. Quella costituita da Carboni, Lombardi e Martino era, per usare le parole del gip Giovanni De Donato, ”un’associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti” caratterizzata ”dalla segretezza degli scopi” e volta ”a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali nonché degli apparati della pubblica amministrazione”.

Secondo il gip tra settembre e ottobre 2009 i tre tentarono di avvicinare giudici della Corte Costituzionale allo scopo di influire sull’esito del giudizio sul cosiddetto lodo Alfano, la legge che prevedeva la sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato. L’operazione, afferma il gip, fu condotta da Lombardi, previo accordo con gli altri due, con cui si manteneva in costante contatto. L’episodio, conclude il giudice, si intreccia col tentativo dei tre di ottenere la candidatura dell’ex sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, alla carica di presidente della Regione Campania, in cambio appunto degli interventi compiuti sulla Corte Costituzionale.

Secondo il giudice, il 23 settembre dello scorso anno, a pochi giorni dal giudizio della Corte Costituzionale sul lodo Alfano, avvenne una riunione nell’abitazione romana del coordinatore del Pdl, Denis Verdini, per stabilire un tentativo di avvicinamento ai giudici della Consulta. All’incontro era invitato anche l’imprenditore Flavio Carboni, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi.

Al termine della riunione, in base a quanto scrive il Gip, Lombardi chiamò Caliendo, che aveva dovuto abbandonare in anticipo l’incontro, aggiornandolo sugli argomenti trattati. Lombardi si disse disponibile a correre ai ripari in ogni modo, affermando che occorre fare la conta di quanti sono i giudici favorevoli alla bocciatura della legge e quanti quelli contrari, lavorando quotidianamente alla vicenda in vista del giudizio della Consulta previsto inizialmente per il 6 ottobre. Stesso discorso venne fatto da Lombardi a Martone e Carboni.

La troppa loquacità di Lombardi e l’incontro del 23 settembre furono oggetto di una successiva conversazione tra Martino e Carboni. L’imprenditore sardo raccomandò a Martino di riferire solo con lui della questione perché Lombardi (ritenuto da entrambi fondamentale per la riuscita dei loro piani) parlava troppo. Tra le personalità avvicinate da Lombardi per fare da tramite con i giudici della Consulta ci fu anche il parlamentare Renzo Lusetti, che tuttavia reagì con imbarazzo alle telefonate.

Analogo imbarazzo mostrò, in una telefonata intercettata il 30 settembre, il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, che tenta in ogni modo di sottrarsi alle richieste pressanti di Lombardi su come avvicinare uno dei giudici chiamati a pronunciarsi sul lodo Alfano. La contropartita chiesta per tale attività di lobby fu la candidatura di Nicola Cosentino alla Regione Campania, come esplicitato in una telefonata di Lombardi allo stesso sottosegretario. Il tentativo di influire sul giudizio di costituzionalità del lodo Alfano non andò però a buon fine. Il 7 ottobre 2009 la Corte bocciò il provvedimento, suscitando le ire di Carboni e Martino, che accusarono Lombardi del fallimento e della figuraccia fatta con i propri referenti politici, a partire da Verdini.

Il reato ipotizzato dalla Procura di Roma è di associazione a delinquere semplice e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Per il gip i tre hanno ”sviluppato una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e ciò anche grazie alle attività di promozione di convegni e incontri di studio realizzate tramite una associazione denominata ‘Centro studi giuridici per l’integrazione europea Diritti e Libertà”.

L’associazione era gestita da Lombardi in qualità di segretario e da Martino quale responsabile dell’organizzazione. Una struttura, scrive il gip, ”di fatto finanziata e gestita in modo occulto da Carboni”. Per il magistrato i tre ”approfittavano delle conoscenze per acquisire informazioni riservate e influire sull’esercizio delle funzioni pubbliche rivestite dalle personalità avvicinate dai membri dell’associazione”.