Fausto Bertinotti: “Renzi neoautoritario. Scissioni sinistra? Serve l’analista”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Giugno 2014 - 14:06 OLTRE 6 MESI FA
Fausto Bertinotti: "Renzi neoautoritario. Scissioni sinistra? Serve l'analista"

Fausto Bertinotti: “Renzi neoautoritario. Scissioni sinistra? Serve l’analista”

ROMA – Fausto Bertinotti: “Renzi, ordine neoautoritario, non di sinistra”. Se nel referto del medico la sinistra non esiste proprio, come è possibile che in sede di diagnosi si registri una nuova divisione? Il Manifesto ha posto sabato (28 giugno) la questione a Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione Comunista (che si scisse dagli ex comunisti) e per brevità della gamba di sinistra del centro-sinistra italiano rigorosamente con il trattino.

Per Bertinotti, l’ennesima divisione dei suoi discepoli in Sel (Migliore che divorzia da Vendola) conferma proprio che questa sinistra è scomparsa. E guai a chiamarla “scissione” perché, con Togliatti, Bertinotti rileva come la formula “rinnovamento nella continuità” esiste solo se alla parola continuità corrisponda un correlativo oggettivo. Che oggi non c’è. E Matteo Renzi è il campione di questa nuova fase, all’insegna di un “ordine neoautoritario” che asseconda le aspirazioni e giustifica le chiusure del capitalismo attuale.

Renzi avvia una nuova fase: l’egemonia di una cul­tura post­mo­derna e post­de­mo­cra­tica, una gigan­te­sca costru­zione ideo­lo­gica che copre come una col­tre una realtà sfran­giata e deva­stata. Renzi è il por­ta­tore natu­rale della poli­tica fun­zio­nale di que­sto nuovo ciclo, quello della gover­na­bi­lità come ele­mento tota­liz­zante. La sua Welt­an­schauung è ’vin­cere e gover­nare’, con­tro chi e per fare cosa non importa. Siamo alla morte delle fami­glie poli­ti­che euro­pee. I socialisti perdono ovunque.

E invece Renzi che socia­li­sta non è — lasciamo stare la scelta gover­na­tiva di ade­rire al Pse — non essendo socia­li­sta vince. Per­ché sce­glie la tra­sver­sa­lità. È coevo a que­sto tempo, quello che ha sosti­tuito lo scon­tro fra destra e sini­stra con quello fra l’alto e il basso che noi imper­fet­ta­mente chia­miamo popu­li­smo. E per­ché Renzi è for­tis­simo? Per­ché la sua tra­sver­sa­lità fonda il popu­li­smo dall’alto. È un Giano bifronte: per un lato popu­li­sta, per l’altro è neo­bo­na­par­ti­sta, cioè usa il popu­li­smo per pla­smare il governo dall’alto. L’esito è neau­to­ri­ta­rio: un governo che si pre­sume così, aset­tico, obbli­gato nelle scelte e privo di alter­na­tive, ’naturale’. (Daniela Preziosi, Il Manifesto)

L’analisi (ma niente politica politicante da cui si sente estraneo) di Bertinotti reclama, se la sinistra vuole avere un ruolo, una rivolta dal basso, deve intercettare il conflitto della base contro le elites, non lasciando il campo a forze che di destra non sono ma incarnano quel conflitto come Marine Le Pen in Francia e Grillo in Italia (con la differenza che anche Grillo, al dunque, accarezza il compromesso per restare i piedi). Se questa è l’analisi, serve tuttavia l’analista per capire perché a sinistra quando si discute o si litiga si finisce sempre per separarsi.

Con un gruppo di amici psi­coa­na­li­sti laca­niani sto lavo­rando a capire per­ché a sini­stra si pro­du­cono con­flitti mor­tali diver­sa­mente dalle altre sto­rie poli­ti­che. I socia­li­sti e i demo­cri­stiani fanno scelte oppo­ste ma restano affra­tel­lati. Noi defla­griamo. Quando avrò una rispo­sta le dirò meglio. (Daniela Preziosi, Il Manifesto)