Finmeccanica secret. Guarguaglini abbaia su tangenti e lottizzati, ma non morde

Pubblicato il 23 Agosto 2012 - 10:56 OLTRE 6 MESI FA
Pier Francesco Guarguaglini

ROMA – Di che colore è la “verità” di Pier Francesco Guarguaglini? Intervistato dal giornalista Giorgio Meletti che pubblica le sue confessioni in prima pagina su Il Fatto Quotidiano, l’ex capo di Finmeccanica torna  a occupare la scena pubblica per la prima volta dopo la sua defenestrazione, la sua cacciata lautamente retribuita a seguito dell’inchiesta sulle presunte tangenti e alle pressioni di una campagna mediatica durata parecchi mesi. Lo stesso Fatto Quotidiano fu fra le testate più intransigenti verso il gigante pubblico dell’eccellenza tecnologica e della vendita delle armi, assunto come paradigma di tutti i vizi e le storture riassumibili nella corruzione elevata a sistema e la lottizzazione come abito mentale.

Guarguaglini conferma genericamente, il quotidiano si spinge a titolare in prima pagina “Tangenti su tutto”. Che poi “i segreti di Finmeccanica” siano stati messi su piazza dall’accorto ex presidente è un altro conto. Si pagano tangenti per vendere armi? “Può accadere, come per qualsiasi prodotto […] Ci sono le mediazioni pagate in modo ufficiale : a volte i mediatori chiedono percentuali alte, non so cosa poi ne facciano”. Grave certo, abbstanza risaputo anche, non è esattamente uno scoop. Prendono i soldi anche i manager che richiedono indietro al mediatore, estero su  estero, una parte della provvigione? “Hai voglia. La mia più grande preoccupazione è proprio che i mediatori offrano soldi indietro a chi glieli dà”.

Giusta preoccupazione, le cifre che circolano sono enormi, il contesto in cui muoversi necessariamente scivoloso, ma insomma ce lo si può immaginare. Più interessante, ma non certo da prima pagina, una considerazione sulla governance del gruppo alle prese con scandali di ogni tipo per ogni dove: “La verità è che la holding sta troppo in alto per vedere tutto. Con centinaia di società in giro per il mondo per tenere tutto sotto controllo devi fidarti della squadra di manager”. L’assioma “non poteva non sapere” si rovescia nel suo contrario, “non posso controllare tutto”: entrambi teoremi, non c’entrano con le verità giudiziarie, con i chi, come, quando. A parte Lorenzo Cola. Guarguaglini non gli perdona la doppia faccia e non si perdona di esserci cascato: “faceva il puro, mi metteva in guardia, Due volte è venuto da me ad accusare miei manager, con aria scandalizzata. Nulla di vero. Però lui passava per l’onestissimo. E i bischero a cascarci”.

Quanto alla lottizzazione, niente di nuovo sotto il sole. In Finmeccanica funziona un alogica spartitoria delle poltrone che riguarda tutte le forze politiche, sindacati compresi. Nei consigli di amministrazione delle tante società del gruppo, questa la rivelazione, 4 nomine su sette sono appannaggio di Finmeccanica, secondo logiche industriali e fatte all’interno, le altre tre sono appaltate ai politici, da Milanese, all’opposizione, ai sindacati. Nonostante il codice civile assegni alla sola Finmeccanica la responsabilità delle scelte. Ma va! Non una parola o una richiesta di spiegazione su tutti quei nomi che pure erano finiti nel tritatutto mediatico alimentato dallo stesso Fatto dove sono finiti nomine e assunzioni come il figli del Pd La Torre, il fratello del leghista Giorgetti, la figlia di Ponzellini, i favori a Reguzzoni ecc…

Nessun  imbarazzo sulla discussa buonuscita, 5 milioni, compreso un milione e mezzo per il patto di concorrenza di un anno. Nessuno scandalo per Guarguaglini, tutto come da contratto. Le dimissioni sono state una sua scelta, si consultò con Catricalà che riferì a Monti: fai quello che vuoi, fu la risposta. E lui trattò la buonuscita. Con un licenziamento per giusta causa, scriveva Il Fatto,  si sarebbe risparmiata una bella somma: bastava “imputargli quello che lui stesso rivendica, cioè che, mentre i suoi manager di fiducia facevano della Finmeccanica la Mecca della tangente, l’esperto manager – pagato per controllare – non si è accorto di nulla”.