Guidi dimissioni: in fumo 1,6 mld di investimenti Total?

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Aprile 2016 - 09:57 OLTRE 6 MESI FA
Guidi dimissioni: in fumo 1,6 mld di investimenti Total?

Guidi dimissioni: in fumo 1,6 mld di investimenti Total?

ROMA – Guidi dimissioni: in fumo 1,6 mld di investimenti Total? Che impatto hanno le dimissioni del ministro Federica Guidi su un asset strategico come quello del petrolio italiano, l’autonomia energetica, lo sviluppo e le sue ricadute occupazionali e ambientali? La Val d’Agri e Tempa Rossa in Basilicata costituiscono l’area petrolifera sulla terraferma più importante d’Europa: ci sono luoghi dove il petrolio emerge in superficie come un ruscello, a Tramutola (PZ), in corrispondenza della sorgente, durante la seconda guerra mondiale i camion di tedeschi e esercito italiano vi facevano il pieno di carburante.

Qui la compagnia francese Total, in qualità di operatore e insieme a Mitsui e Shell, gestisce i due grandi pozzi di petrolio e metano: impegno previsto, 1,6 miliardi di euro.

Il giacimento potrebbe produrre ogni giorno 50mila barili di petrolio, 230mila metri cubi di metano, 240 tonnellate di Gpl e 80 tonnellate di zolfo purissimo. Tempa Rossa potrà rappresentare circa il 40% della produzione di petrolio in Italia. (Jacopo Giliberto, Sole 24 Ore)

Val d’Agri, Texas italiano. L’altro polo limitrofo è il distretto meridionale in Val d’Agri, dove è presente l’Eni e che ha sede presso l’antico convento di Viggiano, in provincia di Potenza, dal quale si presidiano tutte le attività di esplorazione e produzione di petrolio e gas naturale dall’Abruzzo in giù, con esclusione della Sicilia.

E’ qui, nel Centro Olio Val D’Agri, che si lavora la materia prima in arrivo da una trentina di pozzi sparsi nella regione Basilicata, per una produzione pari a circa 75mila barili al giorno. Il personale impiegato ammonta a oltre 3mila unità, tra dipendenti Eni (circa 450) e dell’indotto. Le attività operative sono concentrate nello sviluppo del giacimento Val d’Agri, ad oggi, secondo quanto si legge sul sito dell’Eni, il più grande giacimento di petrolio onshore dell’Europa Occidentale.

A Taranto il rubinetto del petrolio lucano. La materia prima lavorata nel Centro olio Val D’Agri viene poi trasferita tramite un oledotto gestito, sorvegliato e mantenuto dalla divisione Eni Downstream, che collega la Val d’Agri alla raffineria di Taranto. L’oleodotto è interrato con profondità variabile, ma generalmente compresa tra 2 e 2,50 metri. Il primo trasferimento di olio grezzo tramite oleodotto risale all’ottobre 2001.

Smaltimento rifiuti, l’inchiesta che ha coinvolto il compagno del ministro indagato. Nell’ambito dell’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti illeciti del centro Eni di Viggiano che ha portato all’arresto di 5 persone, la Procura di Potenza ha iscritto nel registro degli indagati per corruzione e traffico illecito di influenze Gianluca Gemelli, titolare di due imprese attive nel settore petrolifero della zona e compagno del ministro dello Sviluppo Guidi. Sono note le intercettazioni che hanno portato alle dimissioni del ministro. Una questione di correttezza istituzionale, eventuali conflitti di interessi, traffico di influenze illeciti, appunto. Ma l’inchiesta sui rifiuti su cosa verte?

Il giacimento della Val d’Agri è sotto inchiesta: fra le accuse c’è quella di avere rimmesso in modo irregolare nel sottosuolo le acque sotterranee uscite dalla roccia insieme con il petrolio. Di averle classificate con codici scorretti dei rifiuti. Da dove viene quest’acqua? È nel giacimento, mescolata insieme con il petrolio. Quando si estrae il greggio, con esso sgorga anche acqua. Viene ripompata in profondità nelle rocce in cui aveva riposato per milioni d’anni. Però, dal momento che prima di tornare sotto è state pompata alla luce, è classificata come rifiuto, e come tale va trattata.

C’è chi accusa l’Eni per questa attività di ripompaggio dell’acqua nel sottosuolo. L’Eni aveva affidato a un eminente ecotossicologo uno studio, secondo il quale il petrolio che contamina le sorgenti non è quello delle perforazioni; è lo stesso petrolio che sgorga naturalmente dalle sorgenti di tutta la zona. Altri scienziati hanno ribattuto che lo studio è stato condotto in modo sbagliato. (Jacopo Giliberto, Sole 24 Ore)