Accordo sulla giustizia: prova generale di salvacondotto per Berlusconi?

Pubblicato il 20 Gennaio 2012 - 09:05 OLTRE 6 MESI FA

Il deputato Federico Palomba dell'Idv

ROMA – Fa una certa impressione constatare l’accordo tripartisan sulla relazione del ministro della Giustizia Paola Severino, con i responsabili Pd a braccetto con gli ex nemici giurati del Pdl. Cosa nasconde il pacchetto giustizia, oltre allo sconto pena sugli ultimi 18 mesi? Fine dello scontro all’arma bianca per effetto del governo tecnico? Si è approdati finalmente alla tanto invocata normalizzazione sulla giustizia? O inciucio innominabile e condono mascherato? Il Fatto Quotidiano mette in guardia dall’ultima ipotesi, dando spazio alle accuse dell’Italia dei Valori.

Una circostanza non fa parte delle ipotesi. Il ministro aveva pubblicamente apprezzato il documento del partito di Di Pietro che in dieci pagine proponeva, tra le altre cose, la reintroduzione del falso in bilancio. Il ministro si è dovuto rimangiare l’apprezzamento: non perché non fosse d’accordo ma perché approvarlo avrebbe significato la fine della maggioranza. Sul falso in bilancio l’Idv continuerà la sua battaglia. Anche per stanare il Partito Democratico: “lo voterà”, chiede Federico Palomba dell’Idv,  coerentemente con le dichiarazioni in merito, o si accoderà al Pdl, il partito delle leggi ad personam?

Il dubbio più grande, però, quello che favorisce i cattivi pensieri, riguarda i provvedimenti sulle carceri. Dietro le misure per ridurre il sovraffollamento si cela un indulto mascherato? Fuori dai denti, un salvacondotto per Berlusconi? Il timore è che il sì nelle commissioni di Camera e Senato faccia da apripista ad altri provvedimenti di indulgenza e condono. Una moneta di scambio per poter contare sulla fedeltà al governo da parte di Berlusconi, con il beneplacito del Pd. Inciucio, dicono i malpensanti. Di Pietro insiste, stigmatizzando la doppiezza del ministro, ragionevole e sensata nel delineare le linee guida, complice del Pdl quando sul falso in bilancio, per esempio, marca visita. “Metà del Parlamento vuole che le leggi sulla giustizia non si facciano perché altrimenti finirebbe a San Vittore” è la stilettata anti-inciucista.

Dal Partito Democratico respingono ogni insinuazione e invitano a guardare all’opportunità di un dibattito non più ostaggio di eserciti contrapposti. Con il ministro si lavora su ipotesi complessive non sull’onda emotiva di leggi ad personam sul processo breve, sulle intercettazioni, ecc… Di giustizia, però, si era detto che il governo tecnico non se ne sarebbe occupato, essendo la sua ragione sociale unicamente la sfera economica. Lo dice ancora Palomba: “Non è più così e il Pdl ha messo la sua ipoteca sulla giustizia”. Era logico, dicono altri, chi governa è per definizione un attore politico. E la distinzione economia-giustizia va bene per le aule universitarie: un sistema deve essere compreso in tutte le sue implicazioni, normative e contabili.

Il fatto è che il Governo Monti è un esecutivo politico che risponde a una maggioranza politica di cui Berlusconi detiene la fetta più rilevante. Se il governo arriverà a fine corsa, cioè al termine della legislatura, sarà perché avrà raccolto il suffragio e i voti di chi lo sostiene, Berlusconi in primis. Se il falso in bilancio non lo vuole non ci sarà. Se esigerà uno sconto pena, mascherato da indulto o palese con il condono, lo otterrà. “Lunedì Alfano, Bersani e Casini sono stati a pranzo con Monti. Martedì hanno votato insieme sulla giustizia. Vorrà dire qualcosa, o no?” insiste Palomba. Nulla è senza significato: se salvacondotto sarà, si capirà anche la contropartita.