Intercettazioni senza limiti, pubblicare solo quelle dell’arresto: la stretta del Governo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Maggio 2015 - 08:16 OLTRE 6 MESI FA
Intercettazioni senza limiti, pubblicare solo quelle dell'arresto: la stretta del Governo

Foto d’archivio

ROMA – Il Parlamento sta per porre un limite all’uso pubblico delle intercettazioni. Nessun freno sarà messo alle intercettazioni telefoniche e ambientali utili alle indagini ma la loro diffusione sarà limitata alle strette esigenze di trasparenza giudiziaria, perché se arresti uno si deve sapere perché. Il nodo della diffusione delle intercettazioni è nelle mani dei magistrati e un po’ degli avvocati. Ci proveranno, però, colpendo l’anello più debole della catena, i giornalisti, minacciandoli di carcere, come vorrebbe Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria che Marco Travaglio avrebbe voluto ministro della Giustizia, non per mandarli davvero dentro ma per poterli spiare liberamente e scoprire chi gli passa le notizie.

Si tratta di quadrare il cerchio, o, per dirla col vice presidente del Csm, il Consiglio superiore della Magistratura, Giuseppe Legnini, intervistato da Cristiana Mangani per il Messaggero di Roma, ci vuole

“una legge sulle intercettazioni che tuteli in modo più adeguato e rigoroso il diritto alla riservatezza delle persone, senza che ciò costituisca un impedimento alle indagini e senza criminalizzare la stampa”.

Cristiana Mangani ha anche raccolto il parere di tre protagonisti della stretta sulle intercettazioni, Nicola Gratteri, Enrico Costa e David Ermini. Secondo Nicola Gratteri, che in questo concorda con il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, altro magistrato che ha messo il peso della sua esperienza al servizio della riforma,

“L’unico atto pubblico deve essere il provvedimento restrittivo. Nel momento in cui si arresta una persona, il difensore ha diritto ad avere copia integrale di tutti gli atti, e quindi anche delle intercettazioni. Il fatto è che quando le stesse intercettazioni vanno nelle mani di cinque, sei, dieci avvocati, la situazione, sotto questo aspetto, non si controlla più. Dunque il problema va risolto alla radice”.

Nicola Gratteri elabora e spiega che

“nell’informativa si debbano inserire solo le intercettazioni che riguardano il corpo del capo d’imputazione, il reato, e non il gossip o le corna di questo e di quello. Nella modifica sulle intercettazioni telefoniche abbiamo previsto che nell’informativa vengano inseriti unicamente i pezzi di intercettazione che riguardano il corpo del capo di imputazione, tutto ciò che riguarda la vita privata, il pettegolezzo, il gossip non va assolutamente”.

Qui c’è un passo che non pare da galleria degli eroi del diritto:

“Se viene pubblicato [qualcosa che non doveva esserlo] abbiamo previsto una pena che va dai due ai sei anni. In questo caso non è che il giornalista andrà in carcere, ma così si potrà avere la possibilità di intercettare il giornalista, di avere i tabulati del giornalista, quelli dei suoi amici, per incrociare i dati e capire chi è stato, pubblico ministero o polizia giudiziaria, che gli ha dato la notizia”.

Enrico Costa, viceministro della Giustizia, spesso, su temi di libertà di stampa in posizioni un po’ distanti dal liberalismo del padre:

“È molto tempo che discutiamo, parliamo e ci confrontiamo, ora bisogna fare in modo che questo tema entri nell’agenda. Da molto tempo il Governo ha inserito questo tema tra i suoi temi fondamentali sui quali andare a fare una revisione organica degli aspetti della giustizia, ma è anche chiaro che la melina non va bene”.

Cristiana Mangani ha anche parlato con David Ermini, responsabile giustizia del Pd:

“Da un anno a questa parte abbiamo fatto tantissime cose, alcune che si aspettavano da cinquant’anni, come il falso in bilancio. Per le intercettazioni, le soluzioni sono tre: o si lascia al Governo la delega, per cui poi il Governo farà il decreto legislativo, oppure si fa uno stralcio come abbiamo fatto per la prescrizione, o ancora si fa l’articolato all’interno del ddl del Governo.

“La volontà è certamente quella di intervenire, e anche in modo abbastanza rapido. Si tratta però di verificare quale sia la condizione migliore e la decisione spetterà al Governo che potrebbe decidere di fare un emendamento suo e proporre un articolato, oppure potrebbe la stessa maggioranza presentare un articolato come iniziativa parlamentare».
In che modo procederete?

“Io credo più sulla prevenzione che non sulla repressione. Bisogna fare in modo che le intercettazioni non attinenti alle indagini vengano chiuse in un archivio dove le persone che hanno accesso siano ben responsabilizzate e individuate. A questo archivio, la difesa e l’accusa devono poter entrare solo previa autorizzazione del giudice. Nei processi dove non ci sono le ordinanze di custodia cautelare è abbastanza facile fare questo, sebbene già nelle informative di polizia si debba evitare di inserire il gossip. Altrettanto deve fare il pm nel momento in cui richiede l’ordinanza al gip.

“In quelle dove non c’è l’ordinanza si fa l’udienza filtro e vengono accantonate e inserite nel fascicolo solo quelle attinenti. Quando invece il pm deve fare la sua richiesta di arresto, è necessario il rispetto delle persone. Ritengo che i pubblici ministeri debbano inserire solo le parti utili all’inchiesta e lo stesso deve fare il gip. Troppo spesso persone che non hanno niente a che fare con l’indagine si vedono sbattute sui giornali.

“Spesso è un effetto a strascico, la polizia giudiziaria manda l’informativa al pm. Questo la rielabora lasciando dentro le intercettazioni. E altrettanto, molto spesso, fa anche il giudice per le indagini preliminari. Non deve succedere, andrebbero accantonate. Io ho fatto l’avvocato penalista per anni, e devo dirlo, ci sono anche molti gip che tagliano dalle richieste i particolari non strettamente necessari alle inchieste”.

Conclude Giuseppe Legnini:

“Spetta al legislatore individuare quale tra le diverse opzioni sia quella preferibile. La mia personale opinione che, peraltro, coincide largamente con il contenuto del parere espresso dal Csm, è basata su tre punti di principio:

– nessuna limitazione all’utilizzo dello strumento da parte della magistratura inquirente,

– divieto di diffusione delle intercettazioni riguardanti persone estranee al processo e per fatti privati e irrilevanti per le indagini, rafforzamento dell’udienza filtro finalizzata a eliminare dagli atti le intercettazioni irrilevanti,

– per le misure cautelari, evitare la diffusione delle intercettazioni diverse da quelle allegate o richiamate nelle ordinanze, prevedendo sanzioni pecuniarie e non detentive per chiunque, stampa compresa. Il che significa, per essere ancora più espliciti, che preferisco l’ipotesi Pignatone e altri, a quella Gratteri”.