Jobs Act, fiducia: 165 si, 111 no. Minoranza Pd esce. M5s, libri contro Grasso

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Ottobre 2014 - 01:03 OLTRE 6 MESI FA
Jobs Act, fiducia: 165 si, 111 no. Minoranza Pd esce. M5s, libri contro Grasso

Libri contro Grasso durante il dibattito sulla fiducia al Jobs Act al Senato (foto Ansa)

ROMA – 165 sì, 111 no, 2 astenuti. Con questi numeri il governo Renzi incassa la fiducia sul Jobs Act al Senato.

Sono usciti dall’Aula per non votare alcuni senatori della minoranza Pd, tra cui Felice Casson e Corradino Mineo. Oltre a Walter Tocci che già prima del voto aveva detto che avrebbe dato la fiducia ma poi si sarebbe dimesso da senatore.

Al Senato il giorno del Jobs Act è diventato una “sceneggiata” (almeno così dice da Milano Matteo Renzi).

Al di là delle parole del premier ci sono immagini e fatti. Quelli che raccontano di una giornata iniziata con le monetine e che ora si sta concludendo con i libri. Protagonisti i senatori del Movimento 5 Stelle che, all’avvicinarsi del voto di fiducia sul Jobs Act, hanno ripreso la loro contestazione.

Poco dopo le 19 succede che una risma di fogli rilegati, forse un libro, che letteralmente vola, lanciato dai banchi del Senato, diretto verso il presidente Pietro Grasso.

E’ l’ex magistrato, oggi, l’oggetto principale della rabbia dei senatori M5s. Reo, secondo loro, di aver espulso il capogruppo M5s in mattinata. Reo, soprattutto, di tentare di portare avanti i lavori del Senato. Ovvero di fare il suo “mestiere”.

Ma il volo dei fogli è solo l’apice di una giornata di ordinaria follia a Palazzo Madama. Iniziata sempre col Movimento 5 Stelle che prima si barrica in Aula dicendo di non voler uscire e poi esce. Poi ci sono i Parlamentari del Pd che presentano un documento (in tutto 35 di cui 26 senatori) per dire che non sono d’accordo ma che voteranno la fiducia. E il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, dopo l’annuncio della richiesta della fiducia sul Jobs Act, prova finalmente a spiegare cosa ci sarà in questa legge delega. Non parlando in Aula come fatto stamattina ma depositando l’intero discorso agli atti. Perché tutto, nella mattinata caos di Palazzo Madama, non era riuscito neppure a leggerlo.

Al Senato va in scena il lunghissimo giorno della fiducia sul Jobs Act. Perché i dissidenti del Pd, con tutti i disinguo del caso perché “Renzi ha fatto qualche passo in avanti ma non basta”, la fiducia la votano.

Metà partita si gioca al Senato. L’altra metà si è giocata a Milano dove Matteo Renzi si è riunito per parlare di Lavoro con Merkel e Hollande e ottiene consensi sul suo Jobs Act dalla cancelliera tedesca e dal presidente Jose Manuel Barroso.

Fiducia su cosa lo spiega il ministro Poletti. Il Jobs Act cancella, e questo si era capito, il reintegro in caso di licenziamento per motivi economici. Resta il reintegro, invece, per quelli discriminatori e disciplinari “particolarmente gravi”. Formula non senza ambiguità. Scrive Poletti:

“Sarà prevista la possibilità del reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare particolarmente gravi, previa qualificazione specifica della fattispecie”

Il Jobs Act, poi, punta a una “riorganizzazione dei contratti”. Spiega Poletti:

La “scelta fondamentale per ridurre la precarietà per i lavoratori e dare certezza alle imprese è un drastico riordino delle tipologie contrattuali con l’abolizione delle forme più permeabili agli abusi e più precarizzanti, come i contratti di collaborazione a progetto”

La prima protesta M5s

“Andate a casa”: è iniziata così la protesta, in mattinata, di un gruppo di senatori del M5S contro il governo durante la seduta dedicata al Jobs Act. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è stato più volte interrotto durante il suo intervento. Il più agguerrito del gruppo di 5 Stelle era il capogruppo Vito Petrocelli: richiamato due volte dal presidente Grasso alla fine è stato sospeso, così come è stata sospesa la seduta.

Petrocelli però non si è dato per vinto e ha detto: “Non uscirò dall’Aula a meno che non mi portino via con la forza o finché il presidente Grasso non revocherà un provvedimento assurdo”. A quel punto Grasso ne ha ordinato l’espulsione ma i parlamentari pentastellati gli si sono messi tutti intorno, come una sorta di scudo umano, per impedire che i commessi lo portassero fuori. Gli assistenti parlamentari hanno dovuto allontanare i parlamentari 5S uno ad uno mentre alcune senatrici gridavano e protestavano con forza.
Il senatore M5S Nicola Morra rincara la dose: “Anche noi abbiamo un Rocchi, l’arbitro di Juve-Roma #Grasso”.

In piedi, nel corso della protesta 5S, anche tutti i senatori della Lega. Nel frattempo Poletti richiamava l’attenzione sulla necessità di fare in fretta sul fronte del lavoro. C’è “la drammaticità e l’urgenza di agire per cambiare insieme e velocemente”.”Possono contestarci ma la verità vera è che questo paese lo cambiamo”, ha detto il premier Matteo Renzi ad Assago (Milano) rispondendo ad una domanda sulle contestazioni al ministro Poletti al Senato. ”Credo che siamo a un punto in cui l’Italia ha il dovere di cambiare – ha proseguito Renzi riferendosi alla riforma del lavoro – e quando si cambia c’è sempre qualche resistenza di troppo. Andiamo avanti con serenità, determinazione e tenacia – ha sottolineato – perché stiamo portando a casa tutti i risultati”.