Letta da Napolitano: non si dimette, “serve chiarimento in Aula”

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Settembre 2013 - 20:59 OLTRE 6 MESI FA
Letta da Napolitano: non si dimette, "serve chiarimento in Aula"

Letta da Napolitano: non si dimette, “serve chiarimento in Aula” (Foto Ansa)

ROMA – Enrico Letta non si dimette. L’incontro al Quirinale tra il premier e il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha confermato la necessità di un confronto in Parlamento dopo l’apertura della crisi di governo. Nella nota diffusa dalla presidenza della Repubblica al termine dell’incontro non si fa menzione di dimissioni del premier.

Questa la nota ufficiale del Colle:

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto questa sera al Quirinale il Presidente del Consiglio dei ministri on. Enrico Letta, accompagnato dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi.

E’ stata attentamente esaminata la situazione che si è venuta a creare a seguito delle dichiarazioni del Presidente Berlusconi e delle dimissioni rassegnate dai ministri del PdL in adesione a quell’invito.

Il succedersi nella giornata odierna di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del PdL e dello stesso Presidente Berlusconi ha determinato un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica.

Da ciò il Presidente del Consiglio ha tratto, d’intesa con il Presidente della Repubblica, la decisione di illustrare in Parlamento – che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento – le proprie valutazioni sull’accaduto e sul da farsi.

Il Presidente del Consiglio concorderà la data dei dibattiti con i Presidenti delle Camere.

Alle 19, dopo aver invitato scherzosamente la comunità di Sant’Egidio a dire ”qualche preghiera per l’Italia”, il premier Enrico Letta sale al Quirinale per studiare le mosse insieme al Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E davanti ad ”un clima di evidente incertezza politica”, il Capo dello Stato definisce ”risolutivo” il voto di fiducia alle Camere. I numeri di una nuova maggioranza si verificheranno solo in Aula ma nel Pdl è in atto un terremoto politico: mentre Silvio Berlusconi punta già dritto al voto, i suoi 5 ministri si dissociano dalla deriva ”estremista e  radicale” e il partito, dove i falchi sembrano aver preso il sopravvento, è spaccato.

Nella crisi al buio, dopo la decisione del Cavaliere di dimissionare la delegazione Pdl al governo, chi ha le idee chiare è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Siamo in una fase un po’ criptica – ammette durante la sua visita a Napoli – Io cercherò di vedere se ci sono le possibilità per il prosieguo della legislatura”. E cita il precedente del secondo governo Prodi, quando il Professore senza dimettersi andò alle Camere a chiedere la fiducia, come possibile via di uscita. Perché l’unica preoccupazione di Napolitano è la necessità ”di stabilità e continuità nella direzione politica del Paese e nel funzionamento delle istituzioni parlamentari” per risolvere i problemi gravi del paese.

Difficile che gli obiettivi del Capo dello Stato incrocino più Silvio Berlusconi che liquida il valore della stabilità ”come un bluff come era lo spread”, rinvigorito per la nuova battaglia che lo attende, guarda alla campagna elettorale. Se non fosse che il gesto estremo di Berlusconi ha aperto una frattura dentro il Pdl che fa sperare il premier Enrico Letta. Ad uno ad uno, pur con toni diversi, i 5 ministri del Pdl, insieme a esponenti di spicco come Maurizio Sacconi e Fabrizio Cicchitto, prendono le distanze dal diktat arrivato ieri di dimettersi, minacciando di non entrare in una Fi a trazione dei falchi. Prima il ministro Beatrice Lorenzin, poi Gaetano Quagliariello escono allo scoperto sostenendo di non riconoscersi ”in una destra radicale”. Più netto Maurizio Lupi che, non riconoscendosi ”in un movimento estremista in mano agli estremisti” chiama Angelino Alfano a ”mettersi in gioco per una buona e giusta battaglia”. E nel pomeriggio, anche il segretario Pdl si smarca, pur con toni moderati: ”Se prevarranno intendimenti estremistici, il sogno di una nuova Fi non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano”. Per ultima, chiede uno ”stop ai radicalismi” anche il ministro Nunzia De Girolamo.

E’ presto per dire se il dissenso si tradurrà nella fiducia al governo Letta al momento del voto. Ma se l’operazione non dovesse riuscire, se il reclutamento dei dissidenti del Pdl dovesse risultare insufficiente, Letta potrebbe dimettersi un istante prima del voto decisivo. Napolitano, per scongiurare le elezioni a novembre (il vero obiettivo di Berlusconi), potrebbe infatti puntare ad avere un governo dimissionario ma non sfiduciato. Obiettivo: mandare avanti Letta fino a gennaio, con il solo compito di fare la legge di stabilità e la riforma elettorale. Altra ipotesi, nel caso in cui il premier non volesse guidare una maggioranza raffazzonata e Napolitano non ritenesse adeguata la soluzione-ponte, è il “governo di scopo” presieduto dal presidente del Senato, Pietro Grasso.