Lunghi coltelli anti-Renzi: l’ombra di Prodi, asse D’Alema-Fitto per il Quirinale

di redazione Blitz
Pubblicato il 27 Novembre 2014 - 14:56| Aggiornato il 14 Gennaio 2015 OLTRE 6 MESI FA
Lunghi coltelli anti-Renzi: l'ombra di Prodi, asse D'Alema-Fitto per il Quirinale

Lunghi coltelli anti-Renzi: l’ombra di Prodi, asse D’Alema-Fitto per il Quirinale

ROMA – Lunghi coltelli anti-Renzi: l’ombra di Prodi, asse D’Alema-Fitto per il Quirinale. Dove va la minoranza Pd che si oppone all’egemonia Renzi? Intanto va un po’ in ordine sparso contro il jobs act alla Camera: chi vota contro, chi si astiene, chi esce all’ultimo dall’aula. Però il segnale a Matteo Renzi è giunto lo stesso: quello che è successo, lo smarcamento sulla riforma del lavoro varrà per legge elettorale e maggior ragione varrà per la scelta del prossimo presidente della Repubblica.

Sulla renitenza a votare la legge che ridimensiona ancor di più l’articolo 18 è l’ex presidente del Pd Rosy Bindi a parlare più chiaro di tutti: la minoranza Pd, se Renzi non cambia registro, non la smette di delegittimare i sindacati e non torna allo spirito dell’Ulivo, è pronta a farsi un altro partito. E’ chiara quando evoca senza reticenze una scissione imminente del Pd.

E’ sibillina quando con l’Ulivo allude a Prodi proprio mentre su Repubblica Matteo Renzi deve mostrare le analisi del sangue del suo essere di sinistra (anche per Gianni Morandi non è di sinistra) giustificandolo con un Pantheon ideale così eterogeneo e pop da ricordare quello di Jovanotti.

L’ombra di Prodi viene seguita da molti osservatori. Il contesto è questo: bisogna impedire a tutti i costi, ragionano nella minoranza Pd, di andare alle elezioni anticipate che un Napolitano preoccupato dal possibile vietnam parlamentare sulle riforme, concederebbe in primavera. Bisogna impedire cioè che con una nuova maggioranza Renzi il pigliatutto si prenda anche la prerogativa di scegliere il prossimo presidente della Repubblica. Laura Cesaretti de Il Giornale mette insieme i vari indizi per spiegare le mosse della sinistra che si spingerebbe a riesumare Prodi pur di non darla vinta a Renzi.

Dunque, la priorità per loro è rallentare la legge elettorale e far saltare il patto del Nazareno, per arrivare al voto per il Colle con Renzi privo dell’arma elettorale. E tentare di far eleggere un presidente in grado di «commissariare» il premier e di garantire agibilità politica all’ ancien regime Pd.

Paradossalmente, uno dei nomi più gettonati per questa operazione è quello di Romano Prodi. È a lui che pensano D’Alema e Bersani. «Serve un presidente forte, autorevole, autonomo e con uno standing internazionale, in grado di aiutare Renzi», ragiona Miguel Gotor. Prodi, guarda caso, è rispuntato dalle nebbie proprio il giorno delle elezioni in Emilia, per mandare il suo avvertimento a Renzi e schierarsi con il Pd che «soffre» per l’astensione.

I maligni dicono che l’anziano ex premier abbia più di una ragione di ostilità per Renzi: ultima, il governo non si sarebbe impegnato per fargli avere l’agognato incarico di inviato Onu in Libia. E Renzi, dal canto suo, quando ricorda di aver «fatto saltare un progetto neocentrista e tecnocratico» prendendosi il governo, quando avverte i suoi che «gli autori di quel progetto sono ancora lì e aspettano un mio passo falso per mettermi sotto tutela», ha in mente un identikit che ricorda molto Prodi. (Laura Cesaretti, Il Giornale)