Manovra: 43 mila precari della sanità rischiano il posto, in pericolo l’assistenza ai malati

Pubblicato il 26 Maggio 2010 - 20:14| Aggiornato il 27 Maggio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Circa 43 mila precari tra i professionisti della sanità. Che, se sarà confermata l’ipotesi di un contenimento del 50% delle spese per i precari nel pubblico impiego nella manovra economica approvata dal governo, potrebbero essere dimezzati, comportando “effetti devastanti” soprattutto “in punti nevralgici come i Pronto Soccorso”. Il numero dei professionisti della sanità che operano nel sistema pubblico con un lavoro flessibile, spesso con contratti atipici di breve durata, sono aumentati “a causa del blocco delle assunzioni imposto dalle leggi finanziarie e dai vari piani di rientro”, sottolinea l’Anaao-assomed (l’associazione dei medici dirigenti), ricordando, dati alla mano del Conto annuale 2008 della Ragioneria dello Stato, che “solo la dirigenza esprime da sola 8.239 precari (circa il 60% donne) tra medici, veterinari e dirigenti sanitari, professionali, tecnici ed amministrativi”.

E un’alta percentuale di precarizzazione del lavoro, evidenzia l’Anaao, si trova anche nell’area della prevenzione veterinaria, con 1.200 veterinari precari a fronte dei circa 6.000 dirigenti contrattualizzati. “Ridurre il numero dei medici, soprattutto nei Pronto soccorso – spiega Costantino Troise, vicesegretario dell’associazione – avrà effetti devastanti, con un aumento dei carichi di lavoro per chi resta, un allungamento delle liste di attesa e ripercussioni inevitabili sulla qualità del servizio. Senza contare poi che con il blocco del turn-over, nei prossimi 4 anni andranno in pensione 30mila medici” che potranno essere sostituiti solo in minima parte.

“Ne entreranno diciamo 6.000, e senza gli altri 24mila come si farà?”. Tra i medici “secondo i dati del ministero dell’Economia – aggiunge Massimo Cozza, segretario della Fp-Cgil Medici – ci sono 7.000 precari, ma ce ne sono almeno altri 5.000 che non sono censiti perché hanno contratti diversi dal tempo determinato, a gettone, a consulenza, a prestazione”. Solo nel Lazio, aggiunge il responsabile della Regione Stefano Mele, ce ne sono “almeno 1.700” e ad essere più a rischio sono “punti nevralgici come quelli che gestiscono l’emergenza” servizi che “si reggono quasi interamente sui precari”.

Il Policlinico Umberto I “ad esempio, ha più di 200 precari, se li dimezziamo ci sono servizi che rischiano di chiudere”. Così come i Pronto Soccorso “della periferia romana o della provincia, retti al 50% da personale medico e infermieristico precario”. Ma è a rischio, aggiunge Fabrizio Rossetti, coordinatore del comparto sanità della Fp-Cgil, “ad esempio, anche l’assistenza sanitaria in carcere, se pensiamo che su 5.500 addetti 5mila sono precari”.