“Silenziare le frange estreme del Pd”: e il prof Monti scivolò sul verbo

Pubblicato il 3 Gennaio 2013 - 15:32 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti (Foto Lapresse)

ROMA – Quel verbo, “silenziare“, potrà essere ricordato come il primo vero scivolone linguistico del professor Monti. Sempre pacato nel linguaggio e nei modi, non è passato inosservato quando a Unomattina ha dato un consiglio a Pierluigi Bersani. Ovvero quello di “silenziare le frange estreme che impediscono le riforme”. Ovvero la Cgil, Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, e Nichi Vendola. Già mercoledì il professore aveva riservato ai due una stilettata:  “Vendola e Fassina  vogliono conservare per nobili motivi ed in buona fede un mondo del lavoro cristallizzato, iperprotetto rispetto ad altri paesi. Io sono per avere in Europa una tutela ancora più avanzata dei lavoratori, ma con condizioni che favoriscano la creazione di posti di lavoro”.

“Silenziare” è diventato immediato argomento di discussione sui social network, a qualcuno quell’espressione ha ricordato i tempi del fascismo, quando “silenziare” l’antagonista era pura prassi politica. Da dove viene allora tanta durezza da parte di Monti? E’ la conseguenza di due giorni di botta e risposta, proprio con Fassina e Vendola. L’esponente Pd mercoledì aveva detto che ”per i livelli di reddito di coloro che ne entrano a far parte, la lista Monti somiglia sempre più alla lista Rotary”. Sempre mercoledì Nichi Vendola lo aveva definito un politico di “razza padrona”, “un perfetto berlusconiano”. E alla prima occasione ecco la stoccata di Monti.

A difesa di Fassina, a sorpresa ma non troppo visti i cattivi rapporti con il premier, scende in campo anche Renato Brunetta:  ”Con le sue parole di stamattina il prof. Monti svela la sua natura più profonda, che è quella del tecnocrate autoritario, disinformato e pasticcione. Tutto mi divide sul piano dei contenuti da Stefano Fassina, ma farò ogni sforzo perché nessuno possa ridurre lui o altri al silenzio. Intimare il silenzio a qualcuno mentre si ricopre il ruolo del capo del governo non ha cittadinanza in democrazia, ma ci riporta a tempi bui e dolorosi. Vuol dire ignorare i cardini del confronto democratico e vuol dire aver dimenticato, o forse mai aperto, tutti i libri di storia”.