“Marrazzo dimesso subito”. La fretta elettorale del Pdl: voto a gennaio per approfittarne

Pubblicato il 26 Ottobre 2009 - 15:25| Aggiornato il 2 Novembre 2009 OLTRE 6 MESI FA

Perchè si vuole che Piero Marrazzo, oltre che essersi ritirato dalla scena e dal governo della Regione Lazio, si dimetta anche formalmente subito, al più presto, domani? Perché non basta la “sospensione” dall’incarico e dall’ufficio dell’ormai ex presidente? Perché i partiti del centro destra, oggi all’opposizione nel Lazio, vogliono approfittarne: “dimissioni subito” non è una richiesta etica ma una voglia elettorale. Dire, come fa il Pdl, “Al voto, al voto…” sarebbe giusto, più che giusto e ineludibile. La Regione non può restare in mano al centro sinistra se il presidente eletto non c’è più. Sarebbe ma non è. Perché le elezioni sono già fissate, a marzo 2010. Che differenza fa per i cittadini del Lazio votare a marzo 2010 o a gennaio 2010? Per i cittadini nessuna, anzi ne può venire qualche minimo danno in termini di paralisi dell’amministrazione. Ma mettiamo pure che non ci sia danno, il vantaggio è solo per i partiti di centro destra. Se si vota subito, di corsa, il centro destra spera di cogliere l’avversario ancora impreparato, vuol togliergli giorni, perfino ore per cercare un candidato al posto di Marrazzo. Legittimo, niente di cui scandalizzarsi, ma spacciarla per una esigenza morale è puro contrabbando.

E da che pulpito viene la predica… Quel centro destra che si appresta a candidare in Campania un uomo a rischio incriminazione per rapporti con il clan dei casalesi giudica intollerabile che al farsi da parte di Marrazzo non segua il suicidio politico del centro sinistra. Purtroppo in questo film la parte del “buono” non la interpreta nessuno. Il politico Marrazzo ha dovuto lasciare non perché andava con un trans, il suo imperdonabile peccato politico è stata la menzogna, le sue molte bugie, quelle in cui si è incartato sperando di cavarsela. Marrazzo si è dimostrato inadeguato a governare per evidente propensione alla bugia. Non è questione di trans o di escort, non lo è mai stata nonostante il centro destra faccia finta di non capire o proprio non ce la faccia a capire. La questione è quella di uomini pubblici che non dicono la verità. E se questo è il giusto metro con cui politicamente e non sessualmente giudicarli, altre sospensioni e dimissioni dovrebbero già esserci state in questo paese.

Al centro sinistra si può addebitare la sua insostenibile leggerezza, questo sì. Di Marrazzo che frequentava trans, anzi li raccoglieva in strada nell’estate 2009, ad autunno molti sapevano, presidente del Consiglio compreso. Impossibile che qualcuno non sapesse qualcosa anche nel centro sinistra. E nessuno che abbia avuto il coraggio, l’autorità e l’autorevolezza di chiamare Marrazzo e di imporgli un basta: ai trans o alla presidenza della Regione. E’ una insostenibile debolezza della fibra civile della classe dirigente. Nessuno infatti ha mai avuto l’ardire o ha sentito come suo dovere nei confronti degli elettori spiegare a Berlusconi che un capo di governo non organizza allegre cene mentre e dove amministra la cosa pubblica.

Oggi il Pd giustamente si congratula con se stesso per il successo delle primarie. Il “suo” popolo ha risposto. Sarebbe proprio il caso che il Pd fornisse al suo popolo subito un’adeguata risposta appunto nel Lazio. Scegliendo un candidato che non sia una pallida figura interna, scegliendolo subito e con coraggio. Uno tipo Ignazio Marino per competenza e presentabilità. Quanto al centro destra, se è convinto che nel Lazio lo attende un successo elettorale, se è sicuro di sè e del suo candidato, chiunque sarà, risparmi a se stesso e a tutt’Italia quel che già si intravede: una campagna elettorale su Marrazzo e sui due mesi scarsi di differenza tra il voto subito e il voto a marzo. Ci farebbe più bella figura e di belle figure c’è deficit assoluto.