Mercato dei deputati, Camera chiusa e tutti in Procura. Dopo Di Pietro sfila anche il Pdl: “Noi parte lesa”

Pubblicato il 10 Dicembre 2010 - 19:30 OLTRE 6 MESI FA

Cesario, Scilipoti e Calearo: il "movimento di responsabilità nazionale"

Dal Parlamento alla Procura, dal mercato dei deputati alle inchieste sulle presunte corruzioni. Il tutto passando per gli abbandoni politico-familiari e le conferenze stampa surreali dei micropartiti nati appositamente per pesare sulla crisi. Mancano ancora 4 giorni al voto sulla fiducia alla Camera ma il livello dello scontro supera i livelli di guardia. E la sensazione è che il “bello” debba ancora venire. Intanto opposizione prima e governo al seguito, sfilano dai magistrati: gli uni a dire che nelle folgorazioni sulla via di Montecitorio dei deputati la gratuità è sospetta, gli altri a raccontare che anche loro sono “parte lesa” e  hanno subito una serie di “conversioni” sospette.

La processione in Procura l’ha iniziata Antonio Di Pietro, che ieri, dopo aver perso due pezzi in un giorno s0lo, ha deciso di andare dai suoi ex colleghi a raccontare che sentiva puzza di bruciato. Prima era stato il leader del Pd, Pierluigi Bersani, a parlare apertamente di corruzione. La procura di Roma ha fatto quello che doveva fare: di fronte all’esposto ha aperto un fascicolo. Passaggio d’ufficio, forse inevitabile, vista anche la ristrettezza dei tempi. Passaggio che, però, difficilmente porterà da qualche parte. Le sensazioni, persino la logica, sono una cosa. Le prove sono un’altra cosa.

A Silvio Berlusconi, però, è bastata l’idea di Di Pietro in una Procura  per reagire. Prima il Pdl si è indignato, parlando attraverso Fabrizio Cicchitto di “interferenza gravissima” dei magistrati. Poi il passare delle ore ha suggerito una strategia diversa: il contrattacco sullo stesso terreno. Loro denunciano? Facciamolo anche noi, si sono detti dalle parti di via dell’umiltà.  Il premier dai giudici non ci è andato in prima persona. Quella dei magistrati non è esattamente il tipo di compagnia che gradisce e, dopo aver passato gli scorsi mesi ad escogitare sistemi per evitarli, sarebbe apparsa una condotta quantomeno sospetta.  In sua vece ci andranno altri, magari Maurizio Gasparri, il primo a lanciare l’idea del Pdl “parte lesa” o Denis Verdini e Sandro Bondi, che nel pomeriggio di venerdì 10 dicembre hanno ufficializzato con una nota la decisione di “controesporre”.

Bondi e Verdini scrivono che il Pdl presenterà una denuncia alla procura di Roma perché ”venga fatta luce anche su tutti quei casi in cui sono stati altri partiti ad acquisire i nostri parlamentari”. ”Da sempre – aggiungono – riteniamo che sia sbagliato trascinare nei tribunali questioni che sono solo politichema visto che qualcuno d’altro è affetto da una vita da questa sindrome, che almeno questo momento di verità valga per tutti”.  Bondi e Verdini ricordano infatti di essersi ben guardati, nel corso degli ultimi due anni, dal denunciare ”le stranezze di chi, in modo più che sospetto, ha usato il tram del Pdl salvo poi scendervi in corsa per passare ad altri schieramenti o per formarne di nuovi”.

Antonio Razzi

Per i pm capitolini si prepara un Natale complicato visto che sul loro tavolo c’è già un altro fascicolo aperto riguardante la presunta compravendita di senatori. Bicameralismo perfetto, anche nel mercato.  Prima del Pdl, a presentarsi dai giudicie era stato Di Pietro che al procuratore Giovanni Ferrara ed ha raccontato dei suoi “sospetti” su Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, riservandosi di depositare nei prossimi giorni una memoria più articolata.

Per i magistrati una bella “patata bollente”. I problemi non mancano: in primo luogo non c’è vincolo di mandato e quindi i deputati, in ultima analisi, votano come gli pare. Che poi con l’attuale legge elettorale non ci sia modo diretto di non confermarli, visto che li scelgono i partiti, è un dettaglio che non può riguardare la Procura. Altra questione è la corruzione. Se ne può parlare anche per un parlamentare che cambia schieramento per un “contentino”? Qui ci sono due problemi: il primo è dimostrare il compenso, il secondo è capire se è, legge alla mano, condotta punibile. Precedenti non ce ne sono tranne un caso del 2008 che riguarda proprio Berlusconi. Si discuteva la Finanziaria di Prodi, il Cavaliere era all’opposizione e si parlò di “strani” passaggi di parlamentari. Allora finì tutto con un’archiviazione. Si parlò a lungo di   un’interrogazione ”a pagamento” fatta da Paolo Cirino Pomicino per la quale il Parlamento non diede l’autorizzazione a procedere.

Lo scenario ad oggi sembra lo stesso. Urla, accuse, inchiostro e un bel fascicolo (anzi due) aperto nel pieno della bagarre. Archiviato, nel silenzio, qualche mese dopo.