Milano, Giuliano Pisapia “accoppa” Uber. Tassisti preferiti all’innovazione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Agosto 2013 - 09:00 OLTRE 6 MESI FA
Giuliano Pisapia

Giuliano Pisapia (foto LaPresse)

MILANO – Giuliano Pisapia “accoppa l’innovazione”. Lo scrive, in un pezzo che critica fortemente il sindaco di Milano e le scelte della sua Giunta, Goffredo Pistelli su Italia Oggi. Il casus belli è quello di Uber, un applicazione scaricabile su qualsiasi smartphone che offre un servizio utilissimo a chi si trova, magari per lavoro, nelle grandi città.

Uber si limita a segnalare quali sono le macchine da noleggio più vicine e offre tariffe economiche. Manna dal cielo per chi si trova in una città non sua, ha tempi e budget limitati. Ma l’app è difficilmente digeribile da chi, come i tassisti, si vede portare via porzioni di clientela crescenti. Non a caso i tassisti parlano di “concorrenza sleale”.

Cosa ha fatto allora il comune di Pisapia? Ha scelto di cambiare le regole, in una direzione certo più consona agli interessi dei tassisti. Come spiega Italia Oggi:

Palazzo Marino, sede del municipio meneghino, l’altro ieri, ha sfoderato infatti una «determina dirigenziale» della Direzione centrale mobilità che taglia le gambe all’app statunitense, all’apice del successo in molte grandi metropoli.  (…) Con precisione chirurgica, infatti, gli alti burocrati municipali hanno posto argine alla deregulation de facto che la tecnologia e Internet aveva improvvisamente portato nel cuore di Milano. Come? Ribadendo che «i veicoli (da noleggi, ndr) devono stazionare in attesa delle richieste da parte dell’utenza» nelle rimesse. Una puntualizzazione che, da sola, può ammazzare tutta l’innovazione di Uber, basata sull’ottimizzazione della mobilità dei mezzi, offrendo all’utente la macchina più vicina, magari a fine servizio.

C’è di più. Con la delibera, di fatto, viene smontata la specificità di Uber. Ovvero il movimento e la tariffa basata sull’utilizzo effettivo. Ancora Pistelli:

Ma se non bastasse, al punto 5, la determina manda all’aria ogni speranza della giovane società californiana nata nel 2009, da un gruppo di altrettanto giovani «startuppari» della West Coast: «Le prenotazioni del servizio di trasporto», recita il provvedimento amministrativo, «possono pervenire esclusivamente presso la sede del vettore o presso la rispettiva rimessa, qualora individuata come luogo preordinato». Non solo: l’amministrazione milanese s’è premunita di ricordare, richiamando una legge del 1992 e un decreto del ministero dei Trasporti del 1993, che il prezzo per il viaggio deve essere preventivamente concordato «fra l’utenza e il vettore». Ma se le norme, probabilmente, volevano tutelare il cliente, evitandogli sorprese all’atto del pagamento, la determina meneghina sembrerebbe voler pigliare di mira una caratteristica di Uber: il prezzo è stimato e viene calcolato poi in base al percorso effettivo che viene addebitato nella carta di credito del cliente. Vietato poi, ecco il colpo della staffa all’articolo 10, «il procacciamento di clientela con autovetture già in movimento».