Napolitano e il “governo di scopo”: maggioranza ampia e programma snello

Pubblicato il 3 Marzo 2013 - 10:05| Aggiornato il 23 Agosto 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un “governo di scopo“, ragionano al Quirinale. Un governo, guidato forse da un tecnico (Libero fa il nome di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia) per portare a termine un breve ma condiviso programma politico. Un governo che abbia la maggioranza più ampia possibile, soprattutto al Senato dove nessun partito ha quella assoluta. E’ l’ipotesi su cui ragiona Giorgio Napolitano, che in un breve messaggio “ai soggetti politici”, sabato ha smorzato le ipotesi di un governo di minoranza.

Ovvero quello su cui puntano Bersani-Vendola: un vincotre-perdente, senza una fiducia preventiva che Grillo non gli voterebbe, che in Parlamento chiede di volta in volta la fiducia sulle singole leggi.

Era ancora in Germania quando il presidente ha iniziato a maturare la convinzione che il quadro politico stesse deragliando perdendo di vista alcuni punti fermi fissati dalla Costituzione. E questa mattina, dopo la lettura dei quotidiani, si è convinto che era meglio fare subito un po’ d’ordine. Quindi ha preso carta e penna e ha vergato una nota, cortese nella forma, ma perentoria nei contenuti, tutta dedicata alle forze politiche, compreso il M5S di Beppe Grillo. ”Mi permetto di raccomandare a qualsiasi soggetto politico misura, realismo, senso di responsabilità anche in questi giorni dedicati a riflessioni preparatorie”, scrive il presidente sconcertato dalla lettura dei tanti editoriali, delle mille interviste – alcune delle quali sembrano essergli piaciute poco – che lanciano ora governissimi, ora governicchi quasi balneari.

”Ho letto le ipotesi più disparate circa le soluzioni da perseguire”, ha osservato perplesso. ”Dibattito libero”, ha premesso nella nota. ”Ma poi decido io”, ha ricordato ai leader politici che hanno in queste ore il compito – e lo ha spiegato già più volte dalla Germania – di chiudere le loro riflessioni interne per poi trasmettere le loro indicazioni alle consultazioni che il capo dello Stato avvierà dopo l’elezione dei presidenti delle Camere e la composizione dei gruppi parlamentari. Napolitano intende coniugare velocità a rigore: in questo senso si deve leggere il tentativo avviato di anticipare di qualche giorno la convocazione delle Camere.

Se la mossa riuscisse si potrebbe partire già martedì 12 marzo guadagnando così quasi una settimana di lavoro. Ma ciò dipenderà da una serie di fattori di cui il Quirinale è l’ultimo anello della catena anche se c’è una disponibilitàall’anticipo. L’iter prevede, osservano al Quirinale, che i presidenti di Corte d’Appello siano in grado di proclamare i risultati elettorali; poi le presidenze delle Camere devono raccogliere le opzioni. A questo punto la palla passerebbe al governo che deve predisporre il decreto e solo alla fine arriverebbe al Colle.