Consulta darà ragione a Napolitano? Ipotesi C: intercettazioni incostituzionali

Pubblicato il 14 Settembre 2012 - 14:07 OLTRE 6 MESI FA
Giorgio Napolitano

ROMA – Secondo un lancio dell’Ansa i giudici della Corte Costituzionale avrebbero già deciso per l’ammissibilità del conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano avverso i pm di Palermo che indagano sulla vicenda della trattativa Stato-mafia. In pratica la Consulta sarebbe già schierata con il Presidente della Repubblica, riconoscendo che un’area di ambiguità, una zona grigia sulle sue prerogative esiste . Chi siano le fonti interne consultate l’Ansa non lo rivela. La riunione della camera di consiglio per dirimere la controversia è fissata per il 19 settembre. L’anticipazione, fondata su indiscrezioni non verificabili, suona abbastanza irrituale visto che giunge dalla prima agenzia di stampa italiana.

In ogni caso, ci sarebbero elementi soggettivi perché non ci sono dubbi sulla qualificazione del Presidente della Repubblica come potere dello Stato e idem per il pubblico ministero. E, presupposti oggettivi ci sarebbero per gli argomenti in discussione, come l’articolo 90 e in generale sulle prerogative del Capo dello Stato e infine per le procedure da seguire in caso di intercettazione indiretta del Presidente della Repubblica. Occasioni di polemica, ovviamente, trovano terreno fertile specie da parte di chi teme che alla fine il contenuto delle famose telefonate intercorse tra l’ex ministro dell’Interno Mancino e Napolitano non verrà mai divulgato.

Il Fatto Quotidiano titola «La consulta rallegra Napolitano: “Gli daremo ragione”»: ma, dopo aver criticato il “giornalismo bookmaker” dell’Ansa, confuta che un giudizio sia stato pronunciato prima che la discussione abbia avuto inizio. Intanto cita il giudice costituzionalista Mario Rosario Morelli che, intervistato dal Fatto, nega ci sia alcun orientamento predeterminato, “o meglio ognuno avrà il proprio, poi bisognerà misurarlo nella camera di consiglio”.

Verdetto per nulla scontato anche per la professoressa emerita di Diritto Costituzionale all’università di Padova Lorenza Carlassare, contattata dal Fatto. Addirittura, la professoressa ritiene che in discussione non può esserci l’immunità del presidente della Repubblica, già precisata e definita dal Codice e, altrimenti sarebbe l’inammissibilità del conflitto di attribuzione ad essere scontata. Piuttosto, Carlassare allarga il campo delle opzioni. Non c’è solo all’alternativa ammissibile/inammissibile: “Se la Corte ritenesse che le tutele del presidente sono insufficienti, dovrebbe sospendere il giudizio e sollevare, davanti a se stessa, la questione di costituzionalità”.

Se il profilo di incostituzionalità emergesse, le bobine giudicate irrilevanti verrebbero distrutte, senza aspettare l’udienza con le parti come prevede la norma attuale. Così fosse, l’Avvocatura dello Stato (che patrocina il ricorso del Capo dello Stato) e il pubblico ministero, avrebbero 20 giorni per leggere gli atti e fare le proprie deduzioni. Particolare curioso: il pm dovrebbe affidarsi a un avvocato privato, perché l’Avvocatura dello Stato è già “prenotata”.