Nunzia De Girolamo: la rabbia per il bar di famiglia, gli “stronzi”, le parole rubate

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Gennaio 2014 - 17:43 OLTRE 6 MESI FA
Nunzia De Girolamo: la rabbia per il bar di famiglia, gli "stronzi", le parole rubate

Nunzia De Girolamo: la rabbia per il bar di famiglia, gli “stronzi”, le parole rubate (LaPresse)

ROMA – A parlare al telefono è il ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo: “Sono degli stronzi… Facciamogli capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo… Carrozza mi ha preso per il culo”.

La De Girolamo si sfoga con parenti ed amici. Ce l’ha con l’ospedale Fatebenefratelli di Benevento. Le sue parole, pesanti, sono state registrate di nascosto da Felice Pisapia, ex direttore amministrativo della Asl beneventana finito sotto inchiesta perché accusato di truffe e malversazioni per centinaia di migliaia di euro di prestazioni sanitarie pagate e mai eseguiti.

Il motivo della rabbia della De Girolamo? Un bar di famiglia, secondo quanto scrive Vincenzo Iurillo sul Fatto quotidiano:

Ribadiamolo ancora una volta: la De Girolamo non è indagata. E ora torniamo al luglio 2012. Casa del papà di Nunzia. L’allora deputato pdl convoca una riunione, l’ennesima, per trattare gli affari della sanità locale. Partecipano un paio di suoi stretti collaboratori politici, Luigi Barone e Giacomo Papa, e i vertici dell’Asl locale: il manager Michele Rossi, il direttore sanitario Gelsomino Ventucci, Pisapia.

Verso la fine la De Girolamo ordina ispezioni dal sapore ritorsivo contro il Fatebenefratelli: “Facciamogli capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo”. In questi concitati minuti si discute della sorte – e del passaggio di licenza – del bar dell’ospedale religioso.

La storia del bar riguarda parenti stretti di Nunzia De Girolamo:

Gestito per molti anni da una Srl composta dalla famiglia Liguori: il capostipite Mario, titolare in passato anche di un caffè nella vicina piazza Bissolati, e i figli Franco e Maurizio. Franco Liguori è il marito della zia di Nunzia De Girolamo (ha sposato la sorella della madre). Nel 2012 Franco Liguori, per ragioni legate pare a una lite familiare, non fa più parte da circa quattro anni della compagine societaria, e la concessione è in scadenza. Non verrà loro rinnovata. Il bar del Fatebenefratelli sarà invece affidato a una ditta individuale a nome Giorgia Liguori. La cugina di Nunzia. La figlia di Franco Liguori e della zia di Nunzia. È proprio la vicenda oggetto del colloquio a casa De Girolamo. C’è un problema di natura amministrativa-finanziaria. Riguarda la competenza dell’indennità di avviamento che si riconosce al vecchio gestore di un’attività quando ne subentra uno nuovo. La De Girolamo si lamenta di essere “presa per il culo” da Giovanni Carrozza, il direttore amministrativo dell’ospedale privato. Dal tono concitato delle parole, par di capire che Carrozza si stia mettendo di traverso ai desiderata del ‘ direttorio politico-partitico’, per usare le parole del gip Flavio Cusani.

Il ministro dell’Agricoltura il giorno dopo al Giornale parla di “macchina del fango” e invoca il diritto alla privacy:

«Non vedo esempi simili in altri Paesi del mondo civilizzato. La procura ha riconosciuto che questo personaggio ha azionato la macchina del fango per sottrarsi alle sue responsabilità. Per me sarebbe bastato quello. Invece adesso cono costretta a rincorrere fantasmi, personaggi squallidi e ancora più squallide ricostruzioni. Sono sinceramente sconcertata, mi sento in un incubo nel quale mai avrei immaginato di entrare».

«Ciascun italiano provi a immaginare che cos’accadrebbe se qualcuno registrasse proprie conversazioni con amici, parenti, conoscenti, colleghi in un ambiente non pubblico. E come si sentirebbe, ciascun italiano, se queste conversazioni, nelle quali non possono mancare espressioni per così dire libere, fossero poi pubblicate dai giornali. È vero che io sono un personaggio pubblico. Ma vorrei conservare la libertà, garantita dai principi universali di civiltà, di poter esprimere il mio pensiero come e quando voglio, soprattutto quando sto semplicemente facendo il mio dovere e sto invitando ad avere rispetto delle leggi di questo Stato. E vorrei conservare un certo limite alla riservatezza che non vuol dire nascondere qualcosa, ma semplicemente poter vivere in libertà».