Sindaci condannati per spreco banditi per 10 anni. Operazione “pulizia” by Monti

Pubblicato il 4 Ottobre 2012 - 16:50 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti

ROMA – Tutti i governatori locali, dai sindaci ai presidenti di Provincia “spreconi”, ovvero che hanno contribuito al dissenso dell’ente che hanno governato o che semplicemente spendono troppo, vengono banditi dalle cariche pubbliche per dieci anni e vengono sanzionati. Inoltre anche gli enti locali dovranno raggiungere il pareggio di bilancio. Parte l’operazione “pulizia” del governo Monti contro i dissensi degli enti locali e per mettere una toppa sulla nuova “questione morale” esplosa dopo gli scandali in regioni come Lombardia, Lazio, Sicilia…

Il decreto legge sui costi della politica, approvato dal Consiglio dei ministri, prevede che sindaci e presidenti di provincia che hanno contribuito al dissesto ”non sono candidabili per 10 anni” a numerose cariche tra cui quelle nelle Giunte e nei consigli e nel Parlamento.

Presentando il decreto Mario Monti ha detto: “Gli scandali legati allo sperpero di spese per la politica fanno parte di un’ Italia vecchia che preferiremmo non vedere in futuro. Possiamo immaginare quale effetto può avere sull’immagine dell’Italia quando si verificano episodi di evasione fiscale o corruzione. Che può pensare un cittadino straniero quando vede scorrere certe immagini alla televisione. Per l’Italia è un danno incalcolabile”.

”Temi come la lotta alla corruzione dovrebbero far parte del Dna di ogni partiti e spero che si raggiunga presto accordo perché tassello essenziale per il Paese. Siamo impegnati, il ministro Grilli io e anche gli altri ministri – ha detto Monti – a far crescere il rispetto dell’Italia. E’ un lavoro che richiede il rispetto dei cittadini italiani, che richiede una grande presenza nelle sedi internazionali per spiegare che l’Italia non corrisponde ai pregiudizi con cui spesso la si dipinge”.

”Gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario – si legge nel testo del dl – non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonchè di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì – prosegue il decreto legge – ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione dovuta al momento di commissione della violazione”.

I controlli su conti e sui bilanci degli enti territoriali saranno effettuati dalla Corte dei Conti e anche dalla Ragioneria dello Stato. Ad affiancare le verifiche sarà la Guardia di Finanza. Il governo decide anche che la Corte dei conti effettuerà il ”controllo preventivo di legittimità” sulle spese delle Regioni, compreso ”il piano sanitario regionale ed il piano di riparto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario regionale”.

Pareggio bilancio. Il decreto sui costi della politica degli enti locali fissa specifiche responsabilità di controllo sugli equilibri finanziari degli enti territoriali, prevedendo non solo il rispetto delle disposizioni finanziarie degli enti locali e degli obiettivi di finanza pubblica ma anche delle nuove norme dell’art.81 della Costituzione, che impone il pareggio di bilancio. Per questo andranno valutati anche effetti andamento dei conti degli organismi gestionali esterni.

Tagliola sulle spese. Per gli enti locali che presentano un disavanzo di amministrazione o debiti fuori bilancio, per i quali non sono stati adottati strumenti di salvaguardia del bilancio, scatta un semaforo rosso sulla spesa: potranno assumere impegni e pagare spese unicamente per i servizi previsti dalla legge.

Per pareggiare i conti potranno alzare le tasse. Gli enti locali possono deliberare ”le aliquote o le tariffe dei tributi nella misura massima consentita, anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legge” per assicurare il graduale riequilibrio finanziario, per tutta la durata del piano per rimettere in sesto i conti, piano che può avere durata non superiore a cinque anni. I servizi, come la raccolta dei rifiuti, dovranno avere una copertura integrale dei costi.

Gli enti locali, stabilisce il decreto sui costi della politica, dovranno anche attuare un sistema di controlli sulle società partecipate, definendo gli obiettivi gestionali, gli standard qualitativi e quantitativi, ma anche la situazione contabile, i contratti di servizio e il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica. E’ quanto prevede la Bozza del decreto su costi della politica degli enti locali. I risultati delle società ”sono rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica”.

Per le Regioni che si rifiutano di attuare le misure di taglio ai Costi della politica è previsto lo ”scioglimento del Consiglio per gravi inadempienze di legge”, ha detto il sottosegretario Antonio Catricalà al termine del Consiglio dei ministri. Inoltre saranno sanzionate con un taglio fino all’80% dei trasferimenti dello stato, eccetto che su sanità e trasporto, ha aggiunto il premier Monti.

Il decreto obbliga le Regioni ad attenersi alle regole statali in materia di riduzione di consulenze e convegni, auto blu, sponsorizzazioni, compensi degli amministratori delle società partecipate.

 Trasparenza e tracciabilità. Sulle spese dei gruppi consiliari arriva un meccanismo di trasparenza che prevede la tracciabilità, oltre al controllo della Corte dei Conti e della Guardia di Finanza.

I finanziamenti e le agevolazioni in favore dei gruppi consiliari, dei partiti e dei movimenti politici vengono decurtati del 50% e adeguati ai livello della Regione più virtuosa. Aboliti i finanziamenti ai gruppi composti da un solo consigliere.

Il decreto taglia il numero di consiglieri e assessori applicando il decreto anticrisi 138 del 2011. La riduzione dovrà essere realizzato entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto legge, ad esclusione delle Regioni in cui è prevista una tornata elettorale per le quali il limite verrà applicato dopo le elezioni. I compensi dei consiglieri e degli assessori vengono regolati in modo che non eccedano il livello di retribuzione riconosciuto dalla Regione più virtuosi, ha poi sottolineato Monti, che ha ribadito come il provvedimento vieti il cumulo di indennità ed emolumenti.