Rai. Tregua Berlinguer-Renzi, ma Telekabul ha i mesi contati

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Ottobre 2015 - 12:03 OLTRE 6 MESI FA
Rai. Tregua Berlinguer-Renzi, ma Telekabul ha i mesi contati

Bianca Berlinguer intervista Renzi

ROMA – Dopo la tempesta di polemiche tra renziani e Tg3, una quiete mediatica sancita dall’intervista a Renzi della direttora Bianca Berlinguer. A palazzo Chigi e dintorni, cioè allo steso Renzi e ai cosiddetti suoi pretoriani, non erano piaciute un sacco di cose della conduzione del fu Telekabul e in generale dei talk show politici di Rai 3: fanno meno ascolti di un vecchio Rambo su Rete 4, non si sono accorti che il vento è cambiato e a soffiare è adesso quello del segretario-premier  Renzi (è l’accusa/minaccia di Michele Anzaldi), ospitano grillini, trattano male il governo per partito preso e rappresentano un’altrimenti afona minoranza Pd.

Dalle parti del Tg3 e di Ballarò si vivono gli attacchi come dal fortino assediato della libertà di stampa: son tornate le liste di proscrizione, editto bulgaro che nemmeno Berlusconi, “Renzi ha cominciato la caccia e ha sciolto i cani contro di noi” (Massimo Giannini). La tregua armata sembra appartenere però a un’altra stagione, a un’epoca trascorsa, a una storia agli sgoccioli.

Mario Ajello sul Messaggero conta i mesi che ci separano dalla fine di Telekabul, un’avventura cominciata nel 1987 con Sandro Curzi direttore, voce eroica della “ggente” nonché espressione virtuosa, letta da sinistra, della più accurata spartizione lottizzatrice della prima Repubblica. Il prossimo anno i tre tg nazionali verranno accorpati in due newsroom, una alla maggioranza, una all’opposizione (sì ma quale? grillina, berlusconiana…). E che fine farà Bianca Berlinguer, omaggiata al funerale di Pietro Ingrao quale manifesto vivente del retaggio culturale comunista? Aiello ricorda un precedente storico.

«Però gli attacchi del Pd l’hanno blindata per un altro po’!», è il coro dei redattori molti dei quali non la amano ma ora fanno quadrato intorno a Bianca in nome della «libertà d’informazione» – vivere più o meno la stessa scenetta che si svolse nel 1993. Animata da Pierluigi Celli, allora capo del personale e poi dg Rai, e da Curzi il mitico condottiero che il suo editore di riferimento, il Pds – a riprova che la sinistra e non Berlusconi è la più capace di cacciare i direttori del Tg3 – aveva deciso di sacrificare sull’altare del nuovismo. Celli: «Sandro, ti lascio la stanza, i giornali, la macchina e la segretaria». Curzi: «E che faccio tutto il giorno?». «Pensi». «Penso? Ma io non so pensare così…». Alla Berlinguer, naturalmente, un altro ruolo di rilievo verrà dato, assicurano al Nazareno dove dicono quello che si dice in Rai: «La Berlinguer è un partito» (e non solo di sinistra). (Mario Ajello, Il Messaggero).