In difesa dei sindaci sceriffi: ordinanze no, ma un po’ d’ordine sì. Prostitute, lavavetri, ambulanti…

di Lucio Fero
Pubblicato il 8 Aprile 2011 - 14:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-In difesa dei sindaci-sceriffi o, per dirla con uno slogan: ordinanze no ma un po’ d’ordine sì. La Corte Costituzionale ha dichiarato “illegittimi” i poteri speciali conferiti ai sindaci dalle disposizioni di un “pacchetto sicurezza” varato a suo tempo dal governo. E, se la Corte lo dice in sentenza, non c’è dubbio che questi poteri siano stati maldestramente concessi. La pecca legislativa maggiore par di capire è quella della concessione alla rinfusa e all’ingrosso, la legalizzazione dell’ognuno fa come gli pare e come gli viene in testa, Comune per Comune, sindaco per sindaco. Così come non c’è dubbio che talvolta questi poteri, questo potere di “ordinanza” sia stato maldestramente esercitato: il divieto di panino, il divieto di panchina, il divieto di gelato, il divieto di passeggio in costume da bagno…La Corte, oltre alla formale illegittimità deve aver rilevato e sanzionato anche la sostanziale illogicità e impracabilità di una “legislazione” che cambia ad ogni cambio di cartello stradale e segue la mappa degli umori del sindaco.

Però, se di ordinanze è stato fatto talvolta abuso e se spesso le ordinanze sono state fatte con i piedi, alcune di queste ordinanze hanno portato e riportato ordine. Non cervellotico e bigotto ordine, ma concreto e indispensabile ordine. Sono state qua e là, sia pure solo qua e là le ordinanze a mettere “una pezza”, solo una pezza e per di più provvisoria, alla prostituzione da strada e in strada, allo spettacolo di carne di donna in vendita nelle città. Lo strumento dell’ordinanza sarà incongruo e nemmeno ha funzionato sempre e comunque, ma il diritto-dovere di un sindaco e della sua amministrazione di combattere lo spettacolo della prostituzione resta e va garantito ed esercitato, se del caso con altri e migliori strumenti dell’ordinanza. E le ordinanze che hanno posto fine al fenomeno dei lavavetri ai semafori hanno portato ordine e decoro, hanno migliorato la vivibilità delle città. Muovevano nella giusta direzione anche le ordinanze contro il commercio illegale e ambulante. Non sono mai riuscite a centrare l’obiettivo ma non sbagliavano bersaglio e non erano definibili come persecutorie.

Insomma c’è ordinanza e ordinanza: venate di crudeltà quelle contro chi chiede l’elemosina, farcite di razzismo quelle contro le panchine dove sedevano gli extra comunitari, intinte nella tronfia stupidità quelle che “ordinano” come mangiare e vestire. Però risposta, caso mai imperfetta e imprecisa, a problemi reali quelle contro la prostituzione da strada, i lavavetri e gli ambulanti. Magari ci fosse nelle grandi città un qualcosa contro il racket del parcheggio. Insomma è la vecchia storia del bambino e dell’acqua sporca: le ordinanze dei sindaci saranno pure lo strumento rozzo e illegittimo, ma se si butta via “l’acqua sporca” delle ordinanze bisogna evitare si getti via insieme il “bambino” dell’ordine. Che non è una cattiva parola né una parola d’ordine autoritaria e neanche sempre e comunque il mito di un’opinione pubblica spaventata e isterica. L’ordine, quando razionale, praticabile e non vessatorio e discriminante è qualità della vita.