Dirigenti pubblici e magistrati: “90 mila euro sono pochi”. Ricorsi al Tar

Pubblicato il 4 Luglio 2012 - 09:30 OLTRE 6 MESI FA

Foto Lapresse

ROMA – Uno stipendio da 90 mila euro non basta a manager pubblici e magistrati. Per questo alcuni di loro si sono rivolti ai Tar contro “l’accetta” che fu introdotta da Berlusconi e Tremonti. All’epoca furono colpiti tutti gli stipendi superiori a 90 mila euro (tagliati del 5%) e quelli superiori a 150 mila (tagliati del 10%). Ne parla Raffaello Masci su La Stampa: i 15 Tar chiamati in causa avrebbero sollevato la questione all’attenzione della Corte Costituzionale.

Se la Corte Costituzionale dovesse accogliere il ricorso, e dare ragione ai ricorrenti, sarebbe una “mazzata” per i conti pubblici: lo Stato dovrebbe restituire tutti i soldi tolti ai suoi dipendenti. E forse dovrebbe anche risarcire chi ambiva ad avanzamenti di carriera ed è stato stoppato.

Masci spiega in cosa consiste la norma: Motivo del contendere è la legge 122 del 2010 che impone un taglio per tre anni degli stipendi dei dipendenti pubblici in ragione del 5% se superiori a 90 mila euro e del 10% se superiori ai 150 mila. Ma stabilisce anche che vengano bloccati gli avanzamenti retributivi non determinati dal merito ma dalla sola anzianità. Insomma: meno soldi e meno carriera.

Masci spiega poi perché in particolare sono i giudici a sentirsi “più penalizzati” degli altri: se i loro stipendi sono alti (e lo sono soprattutto nei più elevati gradi di carriera) subiranno le decurtazioni previste (oltre i 90 e oltre i 150 mila euro) ma dovrebbero, invece, essere sollevati dal blocco delle carriere, in quanto il loro percorso di crescita, al 2007, avviene solo per «valutazione» (e quindi per merito). Ma qui, la contestata legge introduce un’altra norma che taglia solo ai magistrati una indennità in maniera progressiva (circa 2000 euro per il 2011, 3000 per l’anno successivo e oltre 4 mila per il 2013) e uguale per tutti, sia per i giovani che prendono relativamente poco, che per i più anziani che hanno ricchi stipendi.

Comunque sia, la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi entro agosto.