Unioni civili e adozioni gay: scontro alla Camera

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Ottobre 2015 - 15:03 OLTRE 6 MESI FA
Unioni civili e adozioni gay: scontro alla Camera

Unioni civili e adozioni gay: scontro alla Camera

ROMA – Su unioni civili e adozioni gay scoppia violento lo scontro alla Camera. Scontro che nasce dalla decisione del Pd di accelerare sui tempi e depositare un nuovo testo che fa insorgere parte delle opposizioni e i cattolici.

A innescare lo scontro è il cambiamento di testo voluto dal Pd e sostenuto in modo compatto dalla maggioranza. Perché fino a ieri, di fatto, c’era una sorta di accordo di massima su un altro testo, una versione “light” che tutelava le unioni civili ed era più rigido in materia di adozioni. Il testo in questione, infatti, permetteva l’adozione a coppie omosessuali soltanto di bambini nati da un matrimonio precedente di uno dei due coniugi. Restavano fuori dal testo, invece, sia la questione “utero in affitto”, sia l’adozione esterna alla coppia.

Il nuovo testo a firma Monica Cirinnà, invece, ritorna alla versione iniziale, quella dura. E fa insorgere soprattutto la componente cattolica presente in Parlamento. “Mantiene riconoscimento della genitorialità omosessuale e dell’omologazione con i matrimoni” è l’accusa al testo che arriva da Area Popolare.

A insorgere per primo è stato l’ex ministro Maurizio Lupi secondo cui  “la nuova versione del ddl Cirinnà sulle unioni civili è una inaccettabile forzatura di cui non comprendo il senso. Il Partito democratico, avallandola, sta sprecando un’occasione, non quella di ottenere una legge purchessia con maggioranze spurie, ma di fare insieme una buona legge. Introdurre tensioni nella maggioranza continuando ad alzare asticelle divisive non è un buon servizio né al governo né al Paese”.

Passano pochi minuti e a Lupi si aggiunge un altro ex ministro, Maurizio Sacconi: “Per noi il testo non risolve i problemi principali. Rimane il macigno divisivo della genitorialità e della legittimazione dell’utero in affitto che noi chiediamo anzi di perseguire come ‘reato universale’. In queste condizioni l’iscrizione nel calendario dell’aula senza relatore è inaccettabile perché la commissione rimane il luogo dell’approfondimento e del confronto altrimenti negati”.

Inevitabile che al coro si aggiunga Paola Binetti. Ma cosa c’è che non torna nel nuovo testo. C’è in particolare il ritorno della parola “matrimonio” espunta dal compromesso precedente. E poi c’è tutta la questione della cosiddetta stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio del compagno in una coppia omosessuale. In buona parte dei paesi europei è prassi. In Italia c’è chi si oppone con ferocia parlando di apertura all’utero in affitto. Non la pensa così il democratico Alessandro Zan che invece difende il nuovo testo:

“Udc e Ncd parlano a sproposito di ‘utero in affitto’, usando una terminologia inadeguata (correttamente ‘gestazione per altri’) per tentare di affossare l’introduzione della stepchild adoption già legittimata anche dal tribunale per i minorenni di Roma, che, garantendolo a due donne lesbiche, ha sostenuto che l’omogenitorialità è ‘sana e meritevole di essere riconosciuta. E’ tempo che lo Stato dia finalmente rilevanza giuridica e protezione alla relazione tra il bambino e chi si occupa di lui; la migliore risposta alla canea di critiche ideologiche contro la ‘stepchild adoption’ è infatti proprio il miglior interesse del minore, che deriva non solo dalla normativa vigente ma anche e soprattutto dai nostri precetti costituzionali, dalla Cedu e dalla convenzione di New York”.