Uova di Pasqua e 150 euro a famiglia, il prezzo del voto in Campania

Jacopo Matano*
Pubblicato il 25 Marzo 2010 - 12:23 OLTRE 6 MESI FA

Succede nella periferia di Caserta, a Pomigliano, a Scampia, ma anche nel centro di Napoli: all’avvicinarsi della scadenza elettorale i voti e i pacchetti di voti per i candidati al Consiglio Regionale fruttano agli elettori regali, generi alimentari, banconote, assunzioni e, addirittura, uova di Pasqua. Questa volta la denuncia è del candidato governatore della Federazione della Sinistra, l’ex ministro Paolo Ferrero, che ha presentato un dossier sul “voto inquinato”. Sotto i riflettori di Ferrero, i candidati di entrambi gli schieramenti principali. “Spesso – dice il leader di Rifondazione – c’è una rappresentazione teatrale dello scontro, che copre un trasversalismo degli affari”.

La denuncia parte da Caserta, dove il direttore del consorzio dei rifiuti Antonio Scialdone starebbe distribuendo assunzioni e promozioni ai dipendenti nonostante il mandato scaduto, e chiederebbe in modo esplicito le preferenze per la moglie, Michela Pontillo, candidata con la Lista Caldoro. C’è un’aggravante: la situazione di crisi del consorzio, i cui lavoratori sono in stato di agitazione per i mancati arretrati. Si passa a Pomigliano d’Arco, dove questa volta nel mirino del dossier di Ferrero c’è il Partito Democratico.

Il sindaco uscente del comune del napoletano – denunciano gli ex Prc – ha firmato una convenzione per alcuni interventi urbanistici con una ditta non ancora dotata della liberatoria antimafia della Prefettura. Inoltre “nei comitati del Pd si raccolgono curricula di giovani a cui si promettono interessamenti per Fiat, Alenia, o Enam e Gori”, le principali aziende della zona. C’è poi l’assessorato alla Regione dell’ex compagno di partito Corrado Gabriele, passato da Rifondazione al Pd e ora in giunta con la delega all’Istruzione. Dai suoi uffici, accusa la Federazione della Sinistra, “è uscito un bando per il possibile inserimento di ex detenuti, occorre lasciare e-mail e telefono”.

Dal voto di scambio ai voti comprati: in Campania esiste un vero e proprio listino prezzi. La cifra, generalmente, si aggira sui 50 euro. “Per la verità – spiega Tommaso Sodano, ex senatore di Rifondazione Comunista e curatore del dossier – la crisi si sente anche qui: in alcune realtà il prezzo scende fino a 20”. Senza tralasciare i pacchetti, secondo il copione di un “forfait famiglia” che a Scampia come a Cavalleggeri Aosta fa arrivare ai candidati i voti di papà, mamma, nonna e figlio per 150 euro. Il meccanismo per mettere in atto la compravendita è semplice. I responsabili dei comitati elettorali nei quartieri, spesso persone reclutate durante la campagna elettorale e non collegate ai candidati, ricevono somme di denaro – mediamente 10000 euro – da spendere per l’attacchinaggio dei manifesti o materiale elettorale, in totale autonomia.

Ma a fare gola a chi è pronto a vendere il proprio voto non sono soltanto le banconote, e i responsabili delle campagne elettorali lo sanno: i metodi di avvicinamento – leciti e meno leciti – restano tra i più creativi. Ai Quartieri spagnoli e nella zona del Pallonetto, a Napoli, gira voce che sia pronto un carico di uova di cioccolata, rivestite di azzurro e accompagnate da santini elettorali. Mentre Carmine Malinconico, ex presidente della Municipalità di Scampa, racconta di “cene improvvisate, concluse con i commensali che tornavano a casa con buste piene di alimentari”. Situazioni su cui – a Scampia come altrove – la Digos ha aperto un’indagine.

*Scuola di Giornalismo Luiss