Voucher, la resa: abolirli per evitare il “danno” referendum su Jobs Act

di Edoardo Greco
Pubblicato il 15 Marzo 2017 - 16:02 OLTRE 6 MESI FA
Voucher, la resa: abolirli per evitare il "danno" referendum su Jobs Act

Matteo Renzi e Paolo Gentiloni
(ANSA/AP Photo/Gregorio Borgia)

Il governo Gentiloni pensa di abolire i voucher per evitare così il referendum sul Jobs Act, fissato per il 28 maggio. Nella maggioranza prende piede l’idea di cancellare del tutto i voucher, come chiede uno dei due quesiti referendari, e di superare anche le norme sugli appalti (come chiede l’altro), così da annullare del tutto il referendum proposto dalla Cgil.

Referendum che era già stato in gran parte “svuotato” dalla decisione della Corte Costituzionale di invalidare il quesito più politicamente pesante dei tre, quello sulla reintroduzione dei limiti per i licenziamenti senza giusta causa così come previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prima del Jobs Act, la riforma del lavoro voluta dal governo Renzi.

Ma la decisione della Corte non ha fermato la marea montante anti-Renzi. Marea che unisce opposizioni di destra, centro e sinistra e che potrebbe portare a una nuova sconfitta referendaria per il renzismo, stavolta sul terreno simbolico e concreto del lavoro.

Sacrificare i voucher per non perdere il Jobs Act, questa sarebbe quindi la linea politica che il governo del successore di Matteo Renzi tradurrà in atto dopo una riunione con i vertici del Pd. L’obiettivo è approvare il testo sull’abolizione dei voucher domani (giovedì 16 marzo) in Commissione Lavoro, per poi trasformarlo in un decreto da approvare già venerdì 17 in consiglio dei Ministri.

MINI STORIA DEI VOUCHER. “Volete voi l’abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”?. È questo il testo del quesito referendario con il quale la Cgil punta all’abolizione dei voucher.

Tre articoli di legge che disciplinano uno strumento che – con la cifra monstre di 134 milioni di voucher utilizzati nel 2016 ed un incremento del 25.000 % in 8 anni – è diventato qualcosa di molto diverso da quello pensato da Marco Biagi nell’ambito della sua Riforma del Mercato del lavoro per prestazioni assolutamente occasionali in un ambito ristretto di applicazioni come sostegno anti precariato.

Uno strumento che, secondo i promotori del referendum, si è invece ormai trasformato in un grimaldello per rendere il lavoro sempre più precario e nero, aggirando ogni tipo di contrattualizzazione. Attualmente, all’atto pratico, i voucher sono dei buoni del valore di 10 euro (di cui 7,5 per il lavoratore) che comprendono copertura Inail e Inps e che possono essere usati come strumento di pagamento da privati o anche aziende in numerosi ambiti.

Quando vennero concepiti 14 anni fa dal giuslavorista poi ucciso dalla Br, l’articolo 4 comma d della legge 30 del 2003 li immaginava “con particolare riferimento a opportunità di assistenza sociale” “a favore di famiglie e di enti senza fini di lucro” per “disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne”.

La legge Biagi venne poi attuata con il decreto legislativo 276 dello stesso anno ma i buoni lavoro di fatto rimasero nel cassetto fino al marzo del 2008 quando l’allora ministro del Lavoro Cesare Damiano li rese operativi con un decreto legislativo per consentire a studenti e pensionati di vendemmiare con “il preciso obiettivo di combattere il lavoro fittizio e sommerso”. In quell’anno i primi dati Inps certificarono l’ uso di circa mezzo milione di voucher.

Successivi cambiamenti vennero poi apportati ancora nel 2008 dal governo Berlusconi, poi con la legge Fornero, infine con il Jobs act: gli ambiti di applicazione si estesero e venne meno anche il concetto esplicito di “mera occasionalità” delle prestazioni. Nel 2014 vengono venduti più di 69 milioni di voucher (69.172.879), nel 2015 115 milioni con oltre 1,7 milioni di lavoratori. Agli inizi del 2016 i sindacati sono sempre più in allerta; la Cgil è in prima fila e ne chiede la totale abrogazione, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti annuncia una stretta con un sistema di tracciabilità inserito in un provvedimento nel mese di settembre.

Intanto a luglio 2016 il sindacato di Susanna Camusso deposita 3,3 milioni di firme per il referendum che riguarda, oltre ai voucher, anche appalti e articolo 18. A gennaio la Corte Costituzionale decide per l’ammissibilità dei quesiti su appalti e voucher. Il governo tenta di evitarlo annunciando modifiche per riportare i buoni lavoro più vicini alla loro forma originaria con un testo unico attualmente in Commissione lavoro alla Camera. I buoni usati nel 2016 sono stati oltre 134 milioni: in ambiti diversissimi che comprendono anche la pubblica amministrazione e perfino il sindacato, con un caso che riguarda anche la Spi Cgil.