G8/ Accordo di facciata sul clima: tutto spostato al 2050, nel breve periodo non c’è niente. Senza India e Cina l’intesa vale poco

Pubblicato il 9 Luglio 2009 - 10:11 OLTRE 6 MESI FA

Le facce sorridenti dei vari leader non traggano in inganno: al G8, sul clima non si è deciso un bel niente. Perché un accordo che non vincoli India e Cina è semplicemente inutile. Anche il Segretario Generale dell’Onu giudica «insufficiente» l’intesa firmata al summit.  Ridurre del 50% le emissioni di gas serra sarebbe un piano ambizioso, ma il termine del 2050 appare risibile. Quanti di noi saranno ancora vivi fra quarant’anni?

Al summit si è solo stabilito un protocollo d’intesa sul clima tra gli americani e gli europei,  sulla necessità di contenere non oltre i due gradi centigradi il riscaldamento del pianeta e di ridurre drasticamente le emissioni di CO2. Ma continuando le resistenze di India e Cina, l’accordo a cosa serve? Il presidente Hu Jintao ha anche lasciato in anticipo l’Aquila ed è rientrato a Pechino per la gravissima crisi dello Xinjiang dove si rischia una guerra civile, ma non ha tardato a consultarsi con il collega indiano. Monhohan Singh frena sugli impegni. Dirà la sua solo quando i Grandi si riuniranno con gli altri sei paesi ospiti, quelli del G14. Inoltre, i numeri-target che si vogliono raggiungere nel 2050 sono senza significato

L’altro tema sul tavolo del G8 è quello degli aiuti ai paesi poveri. È stata approvata, infatti, la dichiarazione sullo sviluppo de L’Aquila nella quale viene ribadita «l’importanza di rispettare gli impegni a favore di un aumento degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo». E l’Italia continua a essere in ritardo sui fondi promessi, «causa terremoto», sottolinea Silvio Berlusconi.

Anche la questione iraniana è risultata centrale. Accordo raggiunto tra i paesi partecipanti per condannare le dichiarazioni dell’Iran che negano l’Olocausto.

E la crisi economica mondiale? Si è parlato anche di quello. I leader  hanno dato il via libera alla dichiarazione sulle nuove regole che dovranno governare il sistema economico e finanziario mondiale all’uscita della crisi.

L’Aquila resta sullo sfondo. I leader hanno camminato tra le macerie, commentato, si sono impressionati. Nella cittadina di Onna, Berlusconi è apparso stanco: «Mi hanno fatto stare in piedi fino alle 5 del mattino, sono stanchissimo», ha detto. Un onnese terremotato, Carlo Cassano, a quel punto gli ha chiesto, in tono gentile: «Presidente, se vuole venga a riposare nella mia tenda». Il premier, allora, ha subito cambiato discorso.