Iran al voto, moderato Hassan Rohani in testa su Ahmadinejad in alcune città

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Giugno 2013 - 01:19 OLTRE 6 MESI FA
Iran al voto, moderato Hassan Rohani in testa su Ahmadinejad in alcune città

Iran al voto, moderato Hassan Rohani in testa su Ahmadinejad in alcune città (Foto LaPresse)

TEHERAN – L’Iran alle urne avrebbe scelto il candidato moderato-riformista Hassan Rohani come successore del presidente Mahmud Ahmadinejad. Secondo le primissime indiscrezioni, che non tengono conto ovviamente dei dati ufficiali attesi solo all’alba del 15 giugno, sarebbe clamorosamente in testa ”in alcune città” proprio Rohani, che sfida uno schieramento conservatore diviso fra tre aspiranti presidenti. I dati sulla tendenza di due grandi metropoli come Teheran e Mashad però non si sbilanciano.

A causa dell’elevata affluenza, in serata la chiusura delle urne è stata prorogata di cinque ore prima dell’avvio dello spoglio, che probabilmente decreterà un ricorso al ballottaggio fra i due candidati più votati. Si tratta di una potenziale opportunità per i riformisti che, emarginati dopo la repressione dei moti del 2009, si sono alleati coi moderati presentando un unico candidato, ovvero Rohani.

L’elevato numero di pretendenti (in campo conservatore spiccano il popolare sindaco di Teheran, Mohammad Baqer Qalibaf, e il negoziatore per il nucleare, Said Jalili, molto vicino alla Guida suprema Ali Khamenei) rende verosimile la previsione, formulata il 13 giugno dall’emittente Press Tv sulla base di ”sondaggi”, di un ballottaggio fra una settimana.

Nell’Iran dei sospetti di brogli che funestarono la rielezione di Ahmadinejad nello 2009 tutto è possibile. Ma in questa tornata, come ha sottolineato il ministro dell’Interno, Mostafa Mohammad-Najjar, rappresentanti dei candidati erano presenti in tutti i seggi, in linea con nuove misure prese per aumentare la trasparenza.

Il ministro ha promesso pronte indagini su qualsiasi tentativo di brogli, peraltro non segnalato finora. Del resto una draconiana preselezione dei candidati operata dai Guardiani della costituzione (e auto-esclusioni come quella del leader riformista Mohammad Khatami o del suo candidato di punta Mohammad-Reza Aref) ha limitato al moderato Rohani l’esponente in qualche modo più vicino all’opposizione.

L’affluenza è stata definita ”alta” da varie autorità in questo inedito ”election day” in cui si è votato anche per i municipi e di villaggio. Nella provincia di Teheran, in genere sotto la media nazionale, il comitato elettorale ha previsto una partecipazione al voto del 70%, ossia 18 punti più alta delle parlamentari della primavera di un anno fa (in quelle elezioni, a livello nazionale, la quota era stata del 64%, mentre l’affluenza per le presidenziali del 2009 aveva raggiunto l’85%).

Esortazioni al voto sono venute dalla Guida suprema, Ali Khamenei, che da settimane chiede un avallo democratico al nuovo presidente nella sua azione di contrasto ai ”nemici” della Repubblica islamica. Sebbene tutte le scelte strategiche più importanti spettino a Khamenei, l’elezione è rilevante perché il presidente, oltre a doversi occupare di un’economia sotto pressione inflattiva e occupazionale anche a causa delle sanzioni internazionali, ha una relativa voce in capitolo nella gestione del negoziato sul programma nucleare di Teheran, sospettato di finalità militari. Palese è stata la differenza di clima della campagna elettorale, sottotono rispetto a quella accesa di quattro anni fa.

Per evitare il ripetersi di festeggiamenti anticipati da parte dei sostenitori del candidato riformista Mir Hossein Mussavi, poi risultato sconfitto in maniera controversa da Ahmadinejad e da oltre due anni agli arresti domiciliari, quest’anno tutti i candidati hanno esortato a scendere in strada solo dopo l’annuncio ufficiale dei risultati.

Questo è previsto all’alba del 15 giugno, 6-8 ore dopo la chiusura dei seggi, anche se il ministero dell’Interno ha promesso un conteggio ”più veloce” rispetto a quello delle elezioni passate. Dubbi sulla regolarità di queste elezioni sono stati espressi in anticipo dal relatore dell’Onu sui diritti umani in Iran, Ahmed Shaheed, assai screditato a Teheran e dall’arcinemico della Repubblica islamica, gli Stati Uniti, che lamentano ”mancanza di trasparenza”.