Israele “Stato della Nazione ebraica”: grandi vecchi del Likud contro Netanyahu

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Novembre 2014 - 13:08 OLTRE 6 MESI FA
Israele "Stato della Nazione ebraica": grandi vecchi del Likud contro Nethanyahu

Israele “Stato della Nazione ebraica”: grandi vecchi del Likud contro Netanyahu

ROMA – Israele “Stato della Nazione ebraica”: grandi vecchi del Likud contro Netanyahu. Non è bastata neppure la voce contraria del presidente Reuven Rivlin, unitasi oggi a quelle dell’opposizione interna e delle cancellerie di mezzo mondo, alleato americano incluso. Benyamin Netanyahu tira dritto per la sua strada e ieri, in un lungo e dettagliato discorso, ha illustrato di fronte alla Knesset gli scopi della nuova, contestata legge-manifesto che nelle sue intenzioni dovrà proclamare Israele come “Stato nazionale del popolo ebraico”.

Il premier ha elencato una serie di ragioni – storiche o legata all’attualità – che a suo dire rendono quella legge di importanza vitale per garantire il “carattere spiccatamente ebraico” del Paese fino alle generazioni future. Ma le sue argomentazioni, ispirate a quell’ideologia nazionalista che storicamente guida il suo partito (il Likud) e lo zoccolo duro della maggioranza governativa attuale, non hanno convinto tutti. Anzi sono state respinte – oltre che dalle opposizioni di sinistra, dalle liste arabe e dagli alleati centristi – anche da figure di spicco della stessa destra israeliana: da Rivlin fino all’ex ministro della Difesa Moshe Arens.

Entrambi tutt’altro che colombe quanto a retroterra ideologico. E tuttavia convinti che la nuova legge sia inopportuna, persino controproducente. Discostandosi da una formulazione più radicale del progetto di legge approvato domenica dal governo (con 15 voti a favore e 7 contrari) Netanyahu ha cercato di limitare le polemiche presentando ai deputati la sua “personale” visione della norma. “Israele – ha affermato – è la patria storica del popolo ebraico, ne è il focolare nazionale”.

E “il diritto all’autodeterminazione nello Stato d’Israele è prerogativa solo del popolo ebraico”, anche se questo “è democratico e rispetta i diritti personali di tutti i suoi cittadini”.  Rispondendo poi alle proteste che piovevano dai banchi della sinistra, Netanyahu ha negato che ci sia contrasto fra la legge e la formula dei “Due Stati per due popoli”. Ieri l’Olp aveva avvertito che l’approvazione di un testo del genere sarebbe stata la fine del processo di pace.

Mentre il premier ha replicato che, come ai palestinesi è riconosciuto sulla carta il diritto a uno Stato nazionale, egualmente va stabilito che Israele sarà uno Stato ebraico e non “sovranazionale” o misto. Malgrado il Paese includa un 20% di popolazione araba (circa un milione e mezzo di persone), senza contare i 300.000 di Gerusalemme est, occupata e poi unilateralmente annessa. La nuova legge, secondo Netanyahu, servirà del resto a bilanciare quelli che egli giudica gli scompensi provocati nel 1992 con l’approvazione di un’altra legge: quella della “Dignità umana e della libertà”.

Legge che a parere del premier sarebbe stata utilizzata finora per “diluire il carattere ebraico” d’Israele. Il rischio, ha insistito, è altrimenti che “Israele sia sommerso” dai profughi palestinesi; che si creino autonomie arabe nella Galilea o nel Neghev; che si spalanchino le porte agli ingressi di immigrati dall’Africa. Contro questa lettura dei fatti, Rivlin ha fatto valere tutto il prestigio della propria carica di presidente e della sua formazione di giurista legalitario – ma anche il suo peso di esponente storico della destra attento al rispetto dei diritti fondamentali – per mettere in guardia il primo ministro dal minare gli equilibri messi a punto dai Padri fondatori

I quali vollero un legame “orizzontale” fra il carattere ebraico e quello democratico di Israele. La nuova legge, invece, li separa tentando di imporre una supremazia dell’identità ebraica, ammonisce il capo dello Stato, allarmato che Netanyahu possa anche fornire “munizioni” ai non pochi detrattori del Paese. Un consiglio a non toccare nulla giunge intanto dal grande vecchio Moshe Arens, uno dei falchi del Likud che fu di Menachem Begin, secondo cui nella fase attuale la sfida è semmai convincere la minoranza araba che Israele è casa sua e garantirne una piena integrazione sociale. Mentre sarebbe un grave errore, avverte ancora Arens, accrescerne il senso di alienazione e l’ostilità. Cosa che la legge Netanyahu, una volta varata, sembra inevitabilmente destinata a fare.