Nicaragua/ Il sandinismo tradito dal guerrigliero stanco Daniel Ortega

Pubblicato il 10 Marzo 2009 - 20:18| Aggiornato il 11 Marzo 2009 OLTRE 6 MESI FA

Quando Daniel Ortega tornò al potere in Nicaragua, nel novembre 2006, in pochi si allarmarono: il comandante della Revolución del 1979 aveva smesso i panni del guerrigliero e girava avvolto in bandiere rosa, al suono delle canzoni di John Lennon, chiamando il Nicaragua alla pace e all’amore.

In quei giorni, però, ancor meno persone si esaltarono per la rivincita di un personaggio che fu anche assai amato. Quel ritorno era frutto di indecenti accordi trasversali con gli ex nemici, poggiava su una risicata maggioranza di voti e non prometteva niente di buono. Avevano visto giusto.

Due anni dopo, il Nicaragua è tra i più instabili Paesi dell’ America Latina. Nulla di comparabile alla scia di sangue del passato, ma qualcosa di pesante è di nuovo nell’ aria. Il Parlamento è di fatto chiuso dallo scorso agosto, governo e opposizione non si riconoscono a vicenda, la crisi economica incombe, il mondo ha bloccato aiuti e finanziamenti.

Ortega è isolato nella sua villa nascosta dalle palme, a Managua, quella che sottrasse a un miliardario filo-Somoza nel 1979 e dalla quale non si è più mosso. Governa affiancato dalla moglie e pochi fedelissimi, accusato del peggior caudillismo, di censura, di aver imbrogliato alle ultime elezioni amministrative.

Non parla, non appare in pubblico. Ha perso soprattutto molte simpatie all’ estero e nei circoli intellettuali, che erano sempre stati un punto di forza dei sandinisti. Esiste un ampio consenso, dentro e fuori il Nicaragua, che il voto dello scorso novembre, assegnando una gran maggioranza dei municipi al Fronte Sandinista, sia frutto di una frode guidata dal governo.

Se fosse stato pulito, Ortega ne sarebbe uscito sconfitto. Gli effetti si trascinano ancor oggi. La scelta aventiniana dell’ opposizione non riesce a far raggiungere il numero legale alle riunioni del Parlamento e il budget per quest’anno è fermo. Ortega è pronto alla prova di forza: vuol fare approvare la legge per decreto, contro la Costituzione.

Colpisce la lista dei simpatizzanti persi per strada e i regolamenti di conti con chi non approva il suo governo. Ortega è andato a ripescare una vecchia causa contro Ernesto Cardenal, 83 anni, poeta e teologo, che fu suo ministro della Cultura dopo la rivoluzione e oggi è critico sul nuovo corso (Ortega, dice, gestisce una monarchia appoggiata da poche famiglie). «L’ azione contro Cardenal è opera di un regime esecrabile», ha reagito lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano.

Il piccolo Paese centroamericano è anche nel mirino dei gruppi femministi per aver approvato la legge più rigida al mondo contro l’aborto, d’accordo con le gerarchie cattoliche. Come di costume, ogni difficoltà interna a un governo di sinistra in America Latina viene imputata all’ eterno imperialismo americano. Ortega segue il copione dell’alleato Hugo Chávez e denuncia complotti, cerca una sponda con la Russia di Medvedev, e dialoga con Iran e Libia

Lo scandalo delle ultime elezioni ha alienato al Nicaragua molti aiuti internazionali, che pesano per un buon 40% del bilancio pubblico. Al Nicaragua resta l’Alba, l’alleanza poggiata sui petrodollari che il Venezuela ha distribuito copiosi ai suoi alleati in questi anni. Ma con la crisi internazionale e i problemi interni di Chávez, il futuro del meccanismo è incerto.

LG