Trump, Arabia Saudita “bene” e Iran “male”? A Riad non meno “malo islam” che a Teheran

di Lucio Fero
Pubblicato il 24 Maggio 2017 - 14:33 OLTRE 6 MESI FA
Trump, Arabia Saudita "bene" e Iran "male"? A Riad non meno "malo islam" che a Teheran

Trump, Arabia Saudita “bene” e Iran “male”? A Riad non meno “malo islam” che a Teheran (foto Ansa)

ROMA – Trump è stato chiaro e netto: l’Iran se proprio non è il “male” di certo lo cova e lo alleva e non disdegna di finanziarlo. Al contrario l’Arabia Saudita, se proprio non è il “bene”, con questo collabora e aiuta, insomma del “bene” è alleata.

Chiaro il messaggio e anche chiarissimi i fatti: contratti per forniture militari all’Arabia Saudita per circa 130 miliardi di dollari (miliardi, non milioni come da servizio-vizio del Tg7 , e non è pignoleria rilevarlo perché non è la prima volta che ad quelle autorevoli parti fanno confusione tra il plausibile l’assurdo quando si tratta di numeri). Forniture militari e appoggio alla creazione di una Nato araba e soprattutto di una industri militare saudita.

Chiaro il messaggio, chiarissimi e fatti e, per quanto gli occidentali ne capiscano (cioè in fondo non molto) netto anche lo schieramento di campo scelto dagli Usa di Obama a favore dei sunniti e contro gli sciiti in una guerra di religione intra musulmana che va avanti da molti secoli.

Tutto chiarissimo tranne il perché. Infatti non è che a Riad ci sia meno per così dire “malo-islam” di quanto ve ne sia a Teheran.

Sul piano ideologico-culturale la predicazione e la precettistica wahabita che è regola e legge in Arabia Saudita è certamente paragonabile a quella degli aytollah sciiti, se non peggio. Diritti e ruolo della donna e libertà civili scarseggiano a Riad più che a Teheran. Anzi in Arabia Saudita manca perfino una società civile a rivendicarli. Società civile che almeno nella parte urbana dell’Iran c’è e si fa sentire.

Sul piano delle istituzioni in Iran si vota, più o meno democraticamente si vota. In Arabia Saudita il regime e i governi sono monarchico-dinastici e la legittimità è fondata sulla dinastia e sul sangue e men che mai sulla volontà popolare.

Sugli appoggi e sui doppi giochi a favore dell’Islam combattente e in armi contro l’Occidente e i “crociati”, l’Arabia Saudita ha moltissimi scheletri nell’armadio. Anzi neanche nell’armadio, in bella vista: Al Qaeda ha il copyright saudita, non certo iraniano. E Isis non ha culla a Teheran. Neanche a Riad. Ma Isis è sunnita, ai sunniti vuole parlare, ai sunniti parla. E in Iraq dove Isis nasce fu la resistenza sunnita anti Usa a gettarne il seme. E in Siria dove Isis cresce sono sunniti che ne ingrossano le fila perché la guerra civile-religiosa è sunniti contro sciiti-alawiti (e cristiani dalla parte di questi ultimi e non dei sunniti).

E se Khomeini da Teheran insegnava agli iraniani che gli Usa sono “il grande satana”, è dalla penisola arabica che imam e predicatori hanno elaborato e diffuso la teoria militante del Califfato da rifondare, dell’Occidente come immondizia e sporcizia del mondo, la cultura dei martiri come veri credenti e degli infedeli da punire.

Obama a suo tempo ha pensato che parole e gesti di pace e ritirar soldati americani dall’area potesse placare una guerra di religione di secoli e che così facendo si potesse prosciugare un’ideologia in armi, armata anche di una fede religiosa. Ha sbagliato, non bastava ragione e moderazione. Trump pensa che in fondo in fondo sia un businness, una trattativa di affari: mi metto d’accordo con quello, smonto quell’altro, piazzo, rivendo, compro, scelgo un mercato…Non sa letteralmente in cosa sta mettendo le mani.