Allarme a Milano: cani uccisi da polpette al veleno. Coppetti sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Gennaio 2014 - 12:24 OLTRE 6 MESI FA
Allarme a Milano: cani uccisi da polpette al veleno. Coppetti sul Giornale

Allarme a Milano: cani uccisi da polpette al veleno. Coppetti sul Giornale

MILANO – Tre cani morti negli ultimi mesi, uno salvato. E’ allarme a Milano: qualcuno sta avvelenando i cani. L’articolo di Serena Coppetti per il Giornale:

Oki si è salvato per un pelo. Scorrazzava nell’area adi­bita ai cani in zona Porta Roma­na, una bel quartiere di Milano, sotto gli occhi vigili della padro­na. È stata lei a insospettirsi quando lo ha visto tornare con un boccone sospetto in bocca: pancetta in mezzo ai cespugli? Il dubbio ha salvato la vita al suo golden retriever. Ma quella pancetta aveva già fatto tre vitti­me in quello stesso giardino. Tre cani uccisi negli ultimi me­si. E altre «esche» simili cariche di odio scoperte in altri giardini della città. Sempre negli ultimi tempi. Succede nella ricca Mila­no. Nella metropoli più metro­politana dello Stivale dove i ca­ni sono quasi tutti al guinzaglio e con i cappottini. Dove vengo­no p­ortati nelle aree a loro dedi­cate e dove, secondo i dati, il fe­nomeno dei bocconi avvelena­ti è ridotto rispetto ad altre zone dell’Italia. Eppure anche qui c’è chi esce da casa con le ta­sche piene di polpette imbotti­te di topicida per disseminare i giardinetti e colpire il migliore amico dell’uomo. Le esche so­no infatti state trovate anche in altre zone della città. Lontane tra loro: da piazzale Libia a viale San Gimignano, a via Savona fi­no invia Bisceglie per spingersi fuori fino a Corsico. Alcuni giar­dinetti so­no stati chiusi dai vigi­li per paura che il fenomeno si ri­peta. Intanto restano sempre senza una risposta due doman­de.

La prima: com’è possibile che oggi ci sia ancora qualcuno che nasconde fra i cespugli pol­pe­tte avvelenate con l’intenzio­ne precisa di volere uccidere delle povere bestiole indifese? La seconda: possibile che nes­suno veda mai niente?
Lo conferma anche Lorenzo Croce,presidente dell’associa­zione Aidaa. «Nonostante la leg­ge dica chiaro che buttare boc­coni avvelenati è un reato resta­no pochissime le persone che vengono individuate». L’ulti­mo caso è emblematico. Il me­se scorso in Valtrompia in pro­vincia di Brescia sono stati avve­lenati oltre cento cagnolini in due Comuni, alcuni randagi al­tri invece con tanto di collare e padrone al seguito. L’Aidaa ha messo una «taglia» di 5000 euro a chi avesse indicato il respon­sabile. Niente. Nessuno ha par­lato. Per fortuna la taglia ha in­vece funzionato da deterrente e gli avvelenamenti sono cessa­ti, ma denunce non ce ne sono state. Eppure i dati, gli ultimi, parlano di un fenomeno di pro­porzioni massicce. I cani avve­lenati soltanto nell’anno appe­na finito (il 2013) sono stati 14mila. E di questi, purtroppo il 10 per cento è morto. Un nume­ro enorme che diventa ancora più impressionante se si pensa che riguarda solo i casi segnala­ti all’Aidaa. Circa 7mila bestio­le sono state avvelenate da qualcuno. Hanno man­giato l’esca piena di vele­no che qualcu­no aveva pre­parato apposi­tamente per loro con cru­deltà scientifi­ca. Mentre un terzo ha ingoiato qualche veleno legato alla de­rattizzazione dei giardini e dei parchi o sostanze analoghe. La concentrazione maggiore de­gli avvelenamenti per mano dell’uomo è in Toscana,Lazio e Veneto dove la polpetta al topi­cida è utilizzata «per stermina­re i branchi dei randagi», spie­ga ancora Croce. Ben sapendo che con quel gesto si rischiano fino a due anni di galera.