“All’Ecofin doppio stop per l’Italia”, Marco Zatterin sulla Stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Luglio 2014 - 11:43 OLTRE 6 MESI FA
"All’Ecofin doppio stop per l’Italia", Marco Zatterin sulla Stampa

Padoan (LaPresse)

ROMA – Poteva andare meglio e non solo per la pioggia. Poteva non esserci Siim Kallas, nei panni di commissario Ue per l’Economia, con la convinzione che “nessuna spesa può essere eliminata dal calcolo del deficit”, visione che non sposa l’auspicio di Renzi: “Ogni singolo euro investito in infrastrutture digitali va escluso dal Patto di Stabilità”. E potevano non esserci i tanti ministri dell’Ecofin che, letto il testo proposto dall’Italia alla fine del consiglio, ne hanno chiesto la riscrittura.

“Siamo d’accordo che c’è abbastanza flessibilità – ha detto il tedesco Schaeuble -: meglio non alimentare aspettative che non possono essere realizzate”. A sentire le voci di corridoio nel dopo partita, il primo match economico della presidenza italiana ha avuto attimi difficili. Il ministro Pier Carlo Padoan, ha impostato il lavoro perché alla fine mergesse il gioco italiano, quello della massimizzazione della flessibilità per sostenere le riforme. Lo ha fatto inviando il 3 luglio ai colleghi una lettera per orientare il dibattito, quindi intavolando un documento da 8 pagine di priorità: mercato interno, riforme e investimenti per la crescita. Nessun problema, sin qui.

Scrive Marco Zatterin sulla Stampa:

«Il consiglio sostiene gli obiettivi della presidenza», si dirà alla fine. Il programma è approvato. L’intoppo, però, s’è verificato verso l’una. L’Italia ha calato una bozza di conclusioni in tre punti che gli altri paesi, secondo più fonti, non si aspettavano. Troppi dettagli non negoziati. Soprattutto su flessibilità e riforme, con rilievi diversi da quanto affermato dal vertice Ue del 27 dicembre. L’olandese Jeroen Dijsselbloem, particolarmente sorpreso, trovava anche modo di scherzarci su: «Rischiamo di dar l’impressione di voler essere più bravi dei nostri leader, e naturalmente è impossibile». Risatine.

Ha colpito il terzo paragrafo della bozza italiana, quello che ricordava la verifica delle regole della governance europea attesa in dicembre e la legava al dibattito atteso all’Ecofin informale di Milano (settembre). Schaeuble è intervenuto per dire che prima di tutto sarebbe meglio parlare di come rendere più efficace il coordinamento delle politiche economiche. Così le conclusioni hanno trasformato il riferimento meneghino in un punto a sé, con chiosa specifica sulle «opportunità di investimento e le riforme strutturali». Strada facendo è saltato il riferimento all’«approfondimento dell’integrazione», che non piaceva agli inglesi. «Hanno cercato di spingere per andare oltre ma non è successo», riassume una fonte.

Padoan, in un inglese davvero ottimo, ha illustrato con metodo la posizione italiana. Entrando a Palazzo Justus Lipsius, ha negato attriti con Berlino. Ha detto che il presidente della Bundesbank Weidmann «non è un membro del governo tedesco con quale siamo sulla stessa linea e c’è pieno accordo sul fatto che la via per aumentare la crescita in Europa, qualcosa di cui tutti hanno bisogno inclusa la Germania, sono le riforme strutturali». Vero. Ma ciò non toglie che i ripetuti richiami di Schaeuble al controllo del debito non sono mai casuali.

Roma non chiede il cambiamento delle regole, assicura il nostro ministro. Invita piuttosto l’Ecofin a «un’azione congiunta e condivisa» mirata a «rafforzare gli incentivi» per le riforme. Incassa la risottolineatura dell’«uso migliore» della flessibilità esistente. A suo avviso, si possono «utilizzare gli spazi del Patto con lungimiranza», come ha dto il vertice di fine giugno. Anche scorporando gli investimenti digitali? Fredda la risposta. «Apprendo ora lo statement di Renzi – argomentava -. Posso solo dire che nel governo c’è pieno accordo sul fatto che crescita in Europa va perseguita all’interno del sistema esistente». Pochi secondi dopo Kallas bocciava l’idea del premier d ribadiva che non c’è contraddizione fra rigore e crescita. E tutti restavano con l’impressione che Padoan fosse stato colto di controbalzo.