Antinori, il racconto dell’infermiera: “Urla e minacce…”

di redazione Blitz
Pubblicato il 17 Maggio 2016 - 13:03 OLTRE 6 MESI FA
Antinori, il racconto dell'infermiera: "Urla e minacce..."

Antinori, il racconto dell’infermiera: “Urla e minacce…”

MILANO – Severino Antinori, ecco il racconto dell‘infermiera spagnola che ha l’ha fatto arrestare. Il ginecologo, famoso per i suoi parti “impossibili”, l’avrebbe sedata a sua insaputa e sempre senza il suo consenso le avrebbe estratto degli ovuli per permettere la fecondazione e l’impianto su altre coppie. Minacce, urla, “ti faccio ammazzare”, il telefono requisito: scene da film. Ecco il racconto sul Corriere della Sera:

La 24enne, residente nella zona di Malaga, è un’infermiera. Ha raccontato che durante una vacanza milanese, a febbraio, seduta da sola in un ristorante, era stata avvicinata da Antinori il quale, conosciuto il suo mestiere, le aveva offerto un posto di lavoro. Stipendio da 1.700 euro mensili, vitto e alloggio al «My Hotel». La ragazza era tornata in Spagna, ne aveva parlato con la madre (contraria) e si era decisa ad accettare. A fine marzo, già in pianta stabile nella clinica, era stata invitata a un controllo da Antinori dopo avergli detto che nell’adolescenza aveva sofferto di cisti ovariche, problema comunque risolto. Non per il ginecologo che aveva voluto visitarla, aveva scoperto una presunta nuova cisti e s’era raccomandato: «Operati o ti esplode l’utero». La ragazza era stata bombardata di medicinali «preparatori» all’intervento. Ma i medicinali, come Puregon e Luveris, vengono somministrati per indurre l’ovulazione multipla. Lei s’era inizialmente fidata eppure, dopo qualche giorno, si era insospettita: aveva lasciato la Matris per fare le valigie. Antinori aveva subito spedito in hotel Bruna Balduzzi, 28 anni, impiegata nello staff come la coetanea Marilena Muzzolini (entrambe indagate), per tranquillizzarla.

L’indomani, eccole arrivare in clinica insieme. La ragazza era stata afferrata, spinta contro il muro, trascinata in sala operatoria, stesa sul letto, completamente sedata e derubata degli ovuli. Al risveglio, un infermiere le aveva confidato quanto successo, suggerendo di chiamare le forze dell’ordine. Peccato che il suo cellulare, un iPhone 6, era sparito. La giovane aveva trovato un telefono fisso e aveva dato l’allarme. Antinori le era piombato addosso staccando il telefono e urlando che, siccome «ho denaro e potere», l’avrebbe fatta ammazzare. Ma la polizia aveva ricevuto la richiesta, la giovane era stata accompagnata prima in albergo e poi, dopo un malore, alla clinica Mangiagalli, l’inchiesta era partita e per il ginecologo era ormai questione di tempo. I suoi avvocati parlano di accuse assurde e citano il consenso all’intervento firmato dalla giovane; però la firma apposta sull’autorizzazione al prelievo degli ovuli non sarebbe sua. Il giorno della violenza, alla Matris non c’erano ovuli «pronti». A tre coppie in attesa era stato promesso il contrario. E Antinori, per i soldi (almeno cinquemila euro a intervento), non voleva né poteva deludere.