Barbara Spinelli: Berlusconi è decaduto ma il berlusconismo è sempre lì

Pubblicato il 29 Novembre 2013 - 07:46 OLTRE 6 MESI FA
Barbara Spinelli: Berlusconi è decaduto ma il berlusconismo è sempre lì

Barbara Spinelli con Giorgio Napolitano, di cui oggi è molto critica: “Il berlusconismo, come il fascismo. è dentro di noi

Berlusconi è decaduto ma il berlusconismo  è rimasto ed è come una droga da cui sono dipendenti non solo politici e partiti ma tutta la società italiana.

Barbara Spinelli su Repubblica mette in guardia:

“La tentazione sarà grande, dopo il voto sulla decadenza di Berlusconi al Senato, di chiudere il ventennio mettendolo tra parentesi. È una tentazione che conosciamo bene: immaginando d’aver cancellato l’anomalia, si torna alla normalità.

Tutt’altro che morto, il fascismo avrebbe continuato a vivere dentro gli italiani. Non certo nelle forme di ieri ma in tanti modi di pensare,di agire.

L’infezione,«nostro mal du siècle», sarebbe durata a lungo: a ciascuno toccava «combatterlo per tutta la vita», dentro di sé. Lo stesso vale per la cosiddetta caduta di Berlusconi. È un sollievo sapere che non sarà più decisivo, in Parlamento e nel governo, ma il berlusconismo è sempre lì.

Sylos Labini lo aveva detto, nell’ottobre 2004: «Non c’è un potere politico corrotto e una società civile sana». Fosse stata sana, la società avrebbe resistito subito all’ascesa del capopopolo, che fu invece irresistibile: «Siamo tutti immersi nella corruzione», avvertì Sylos. La servitù volontaria a dominatori stranieri e predatori ce l’abbiamo nel sangue dal Medioevo.

La stessa fine della guerra, l’8 settembre’43, fu disastrosamente ambigua: «Tutti a casa », disse Badoglio, ma senza rompere con Hitler, permettendogli di occupare mezza Italia. Tutte le nostre transizioni sono fangose doppiezze.

Il berlusconismo continua, dopo la decadenza. Il che vuol dire: continua pure la battaglia di chi aspira a ricostruire, non solo stabilizzare la democrazia. Il ventennio dovrà essere finalmente giudicato: per come è nato, come ha potuto attecchire. Al pari di Mussolini non cadde dal cielo, non creò ma aggravò la crisi italiana. Nel ’94 irruppe per corazzare la cultura di illegalità e corruzione della Dc, di Craxi, della P2, e debellare non già la Prima repubblica ma la rigenerazione (una sorta di Risorgimento, anche se trascurò la dipendenza del Pci dall’oro di Mosca) avviata a Milano da Mani Pulite, e poco prima a Palermo da Falcone e Borsellino.

Il berlusconismo resta innanzitutto come dispositivo del presente. Anche decaduto, assegnato ai servizi sociali, il leader di Forza Italia disporrà di due armi insalubri e temibili: un apparato mediatico immutato, e gli enormi (Sylos li definiva mostruosi) mezzi finanziari.

Ma ancora più fondamentale è l’eredità culturale e politica del ventennio: i suoi modi di pensare, d’agire, ilmal du siècleche perdura. Senza uno spietato esame di coscienza non cesseranno d’intossicare l’Italia.

Il conflitto d’interessi in primis, e l’ibrido politica-affarismo: ambedue persistono, come modus vivendi della politica. La decadenza non li delegittima affatto.

La famosa legge del ’57 dichiara ineleggibili i titolari di importanti concessioni pubbliche (la Tv per esempio): marchiata di obsolescenza, cade nell’oblio. Sylos Labini sostenne che fu l’opposizione a inventare il trucco per aggirarla. Non fu smentito. L’onta non è lavata né pianta.

Altro lascito: la politica non distinta ma separata dalla morale, anzi contrapposta. È un’abitudine mentale ormai, un credo epidemico. Già Leopardi dice che gli italiani sono cinici proprio perché più astuti, smagati, meno romantici dei nordici. Non sono cambiati. Ci si aggrappa a Machiavelli, che disgiunse politica e morale. Ci si serve di lui, per dire che il fine giustifica i mezzi. Ma è un abuso che autorizza i peggiori nostri vizi.

Anche il mito della società civile è retaggio del ventennio: il popolo è meglio dei leader, i suoi responsi sovrastano legalmente i tribunali. Democraticamente sovrano, esso incarna la volontà generale, che non erra.

Così deturpata, la formula ha fatto proseliti: grazie all’uso oligarchico della società civile (o dei tecnici), la politica è vieppiù screditata, la cultura dell’amoralità o illegalità vieppiù accreditata. Il caso Cancellieri è emblematico: la mala educazione diventa attributo di un’élite invogliata per istinto a maneggiare la politica come forza, contro le regole.

Simile destino tocca alla laicità, non più tenuta a bada ma aborrita nel ventennio. Il pontificato di Francesco non aiuta, perché la Chiesa gode di un pregiudizio favorevole mai tanto diffuso, perfino su temi estranei alla promessa «conversione del papato». Difficilmente si faranno battaglie laiche, in un’Italia politica che mena vanto della dipendenza dal Vaticano. La nuova destra di Alfano è dominata da Comunione e Liberazione. Dai tempi di Prodi, i democratici evitano di smarcarsi sulla laicità. Tutti i leader del momento (Letta, Alfano, Renzi) vengono dalla Dc o dal Partito popolare. Diretto com’è da Napolitano, il Pd non ha modo di liberarsi del ventennio (a che pro le primarie quando è stato il Colle a dettare la linea sul caso Cancellieri?).

Infine l’Europa. Nel discorso ai giovani di Forza Italia, Berlusconi ha cominciato la sua campagna antieuropea, deciso a svuotare Cinque Stelle. La ricostruzione della sua caduta nel 2011 è un concentrato di scaltrezza: sotto accusa l’Unione, la Germania, la Francia. Ancora una volta, con maestria demagogica, ha puntato il dito sul principale difetto italiano: la Serva Italia smascherata da Dante.

No, Berlusconi non l’abbiamo cancellato. Perché la società è guasta: «Siamo tutti immersi nella corruzione ». Da un ventennio amorale, immorale, illegale, usciremo solo se guardando nello specchio vedremo noi stessi dietro il mostro.Altrimenti dovremo dire, parafrasando Remarque: niente di nuovo sul fronte italiano.