Berlusconi e Galliani divorziano in pace, Malcom Pagani sul Fatto Quotidiano

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Novembre 2013 - 09:21 OLTRE 6 MESI FA
"Memorie di Adriano"

“Memorie di Adriano”

ROMA – “Con Berlusconi per sempre” sussurrava ai cronisti Galliani uscendo dalla villa di B. da Arcore. Ma il matrimonio tra il Milan e Galliani, aspettando le formalità, è al capolinea, complice la “rottura” con Lady Barbara Berlusconi. Sono passati 34 anni dal primo incontro tra il geometra Adriano e l’imprenditore Silvio.

Era novembre anche nel ’ 79 e sulla porta di Villa San Martino, esattamente come ieri in una pallida copia di Vermeer a uso delle telecamere e dei flash, pareva tutto nitido e Silvio osservava salutando l’ospite svanire all’orizzonte. In mezzo molte imprese sportive, alcune gite pericolose tra la Sicilia e i marsigliesi e la regola del silenzio perché qualunque categoria di giudizio si potrà applicare al geometra brianzolo che governò il Milan per un quarto di secolo con piglio da Caudillo, ad eccezione dell’ingratitudine.

Adesso è l’ora di Barbara che cercherà di cambiare “filosofia aziendale” portando in dote, secondo indiscrezioni,  Maldini, Albertini e Fenucci rompendo 30 anni di storia rossonera. Malcom Pagani sul Fatto Quotidiano:

Berlusconi e Galliani si capirono al volo. Tra il primo e il secondo, in una pausa della cena, la Brianza operosa era salita al potere e il soldato Adriano con la sua “Elettronica industriale” e le sue torri di trasmissione era stato arruolato senza se e senza ma con l’obbiettivo di recuperare spazi e ripetitori sul territorio al fine di far nascere tre reti televisive per poi essere spostato, assecondando la vecchia passione per il pallone che – raccontò in una bella intervista a Cesare Lanza- lo aveva portato a fuggire a Genova a 10 anni per vedere chi tra ungheresi e tedeschi avrebbe alzato la Rimet e poi fino a Chiasso per una zingarata collettiva a vedere il Milan finalista della Coppa dei Campioni 1963, sul solido trono di Milanello. Ora mentre si appronta una tregua di cartapesta tra le parti e infuria la battaglia “sentimentale” dell’anziano padrone per assicurargli una meritata immunità diplomatica, un posto alla presidenza della Lega o un qualunque altro incarico in linea con una carriera da dirigente che gli creò sì qualche grana ai tempi di Calciopoli e non piaceva a Rivera: “Non riesco mai ad infastidirmi per le parole di Galliani.

La sua incompetenza è evidente”, ma al Milan di Sacchi, Gullit e Capello ha consentito di vincere di tutto un po’, il tono prevalente è l’elegia. L’ostentata signorilità da copertina perché contratti, buonuscite e accordi verranno stipulati e saranno generosi, ma in prima pagina, non finiranno mai. La tentazione di considerare questo pomeriggio di novembre così vicino e così lontano a quello di 34 anni fa, come la chiusura definitiva di un cerchio, è più forte della voglia di scoprire se davvero, con i suoi tempi e a quali condizioni, abbia vinto Barbara. La nuova “filosofia” confina con l’anagrafe, con le brame filiali, con l’inevitabile successione aziendale di un mondo che declina al ritmo del-l’azzardo. Silvio Berlusconi ha buona memoria. Ridisegna la realtà per deformazione, convenienza e attitudine martirologica, ma rimembra ancora. Ricorda tutto. A Marsiglia, nel ’ 91, al Velodrome, il Milan perde e uno dei riflettori va ad intermittenza. Al 90 ’, Galliani si illumina. Attraversa il campo e trascinando il trench in stile Bogart fa suonare l’ultima canzone. Un ordine secco. Un inaudito rompete le righe ai calciatori: “Fuori, adesso”. Ora che lo invitano a fare lo stesso, si scopre che le luci si spengono per tutti e come in quella canzone, rimangono solo soldi e celebrità. A Milano fa più freddo e all’improvviso, San Siro, dove Adriano governava senza rivali, è una terra straniera, una zona franca, il luogo di un passato che non tornerà mai più.