Berlusconi viale del tramonto. Contro Pascale, Rossi Forza Italia in rivolta

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Settembre 2014 - 11:52 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi viale del tramonto. Contro Pascale, Rossi Forza Italia in rivolta

Berlusconi (LaPresse)

ROMA – Berlusconi vive il suo inesorabile declino e Forza Italia è lacerata dalla rivolta. Quella dei gruppi parlamentari rasenta ormai l’ammutinamento, annota Carmelo Lopapa su Repubblica:

“Prima che il Parlamento riprenda le votazioni per giudici di Consulta e Csm, se Silvio Berlusconi vorrà evitare altre imboscate dovrà formalizzare da Arcore la scelta del nome. I parlamentari di Forza Italia pretendono che l’ordine di votare Donato Bruno alla Consulta arrivi dal capo in persona. Senza mediazioni. Senza portavoce”.

Il partito monolitico è un ricordo lontano, nota amaro Carmelo Lopapa:

“Nel giro di un anno Forza Italia ha subito una repentina metamorfosi: da «monarchia anarchica» a «oligarchia del clan», come l’hanno ribattezzata i veterani berlusconiani di Montecitorio e Palazzo Madama”.

Oggi Forza Italia è un

“concentrato di correntismo e potentati che neanche la Dc anni Ottanta”.

Con coerenza, bisognerebbe notare che è un po’ come il Pd prima che Matteo Renzi li convertisse a schiere, più di Gesù Cristo:

“Il fatto è che il leader è al tramonto e tutti cercano un posizionamento nel tentativo di sopravvivergli politicamente. O all’ombra della sua corte o, per chi ne è fuori, prendendone sempre più le distanze”.

Berlusconi, sul viale del tramonto, “è sparito dai radar”.

Racconta a Carmelo Lopapa un ex ministro:

“Fino a un anno fa alzava il telefono e se ti doveva urlare per una intervista o un’uscita non dovuta lo faceva senza remore, in prima persona”.

Poi tutto è cambiato,

“in particolare, dopo la valanga giudiziaria fino alla Cassazione dell’agosto 2013 e all’espulsione dal Parlamento di novembre. Risultato: «Adesso, al posto suo fa parlare e trattare altri, la Rossi del partito, Toti delle alleanze, Verdini delle riforme con Renzi, perfino la Pascale di diritti civili» elenca con amarezza chi è ammesso ormai di rado a Villa San Martino”.

I 69 deputati e i 59 senatori si sono frammentati in piccole e grandi fazioni e

“con l’impallinamento nei giorni scorsi di Antonio Catricalà (candidato alla Corte Costituzionale, sponsor Gianni Letta) hanno lanciato l’ultimo, pesante avvertimento. Al grido di: Non accettiamo più imposizioni dal clan, d’ora in poi rispondono solo agli ordini del leader, se si deciderà a darne di persona.
Verdini, ma anche i capigruppo Romani e Brunetta si sono precipitati ad Arcore e lo hanno chiamato per riferire in queste ore come la situazione rischi di sfuggire di mano.

Ecco perché Berlusconi, guarito dall’uveite, martedì 16 non solo tornerà a Roma, ma ha già fatto sapere che intende convocare e tenere a rapporto l’intera delegazione parlamentare.

Dopo i parlamentari, toccherà ai coordinatori regionali, cercherà di riprendersi in qualche modo il partito entro fine settembre, come Berlusconi ha spiegato ai suoi interlocutori. Ha incontrato i coordinatori lombardo e veneto, Gelmini e Marin, per fare il punto sulle alleanze alle regionali, altri li ha sentiti.
Altro tema caldo, quello del rapporto con Ncd e Lega, per ora rimesso agli sherpa, a cominciare dal gruppetto dei fedeli lealisti Toti, Gelmini, gli stessi capigruppo.

Le interviste politiche che rilasciano sempre più di frequente le “guardie del re”, ultima targhetta affibbiata al duo Francesca Pascale — Maria Rosaria Rossi, alimentano la fibrillazione.
Dopo l’ultima a Repubblica della tesoriera Maria Rosaria Rossi, si è scatenato Raffaele Fitto. Con lui, ormai riferimento dei numerosi frondisti, c’è tutto un blocco di dirigenti, ex ministri o governatori, dalla Carfagna a Saverio Romano, dalla Polverini a Capezzone.

L’eurodeputato da 284 mila voti domenica è tornato alla carica su Sky,

rivendicando ancora le primarie e una linea di marcata opposizione a Renzi, «perché un’opposizione silenziosa rischia di perdere la sua credibilità» è la critica implicita rivolta a Berlusconi. Al quale ricorda che Forza Italia «è scesa in 5 anni da 13 a 4 milioni di voti».

Da Augusto Minzolini a Lucio Malan non sono pochi quelli che vorrebbero dichiarare guerra al governo. «Perché se è vero che in primavera si vota, se Renzi tenta il blitz — ne è convinto il senatore ex direttore del Tg1 — allora stiamo sbagliando strategia. Che racconteremo ai nostri elettori? Che abbiamo sostenuto le riforme del Pd?».

Altra domanda chiave, chi metterà mano alle liste, a quel punto. E su questo è già rassegnazione nel partito. Insomma, «le guardie tengono in pugno il re» dicono. La partita è in mano al “clan” ristretto”.