Boston, terremoto Iran, Quirinarie M5s, Mps: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Aprile 2013 - 09:05 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’America ferita dalle bombe ancora senza un colpevole. La Stampa: “Il giorno dopo le bombe alla maratona di Boston che hanno causato la morte di tre persone, tra cui un bambino di otto anni, gli Usa non hanno ancora individuato una pista attendibile. «È terrorismo non sappiamo altro», dice il presidente Obama. Gli ordigni sono stati confezionati con pentole a pressione.”

La lunga notte dei medici per salvare i corridori con le gambe straziate. L’articolo a firma di Maurizio Molinari:

“La voce ferma del medico veterano non riesce a nascondere l’emozione quando, sul marciapiede circondato dai reporter, parla di «persone che hanno perduto grande quantità di tessuti dagli arti inferiori oppure hanno le ossa delle gambe fratturate in più parti». Si tratta di «ferite che nessun essere umano dovrebbe mai subire e neanche vedere aggiunge Walls – ma queste persone stanno reagendo con una calma ammirabile». Negli otto ospedali della città dove sono ricoverate 156 persone, inclusi otto bambini, si tratta di una tipologia di ferite riscontrata nella maggioranza di coloro che versano in gravi condizioni. «È qualcosa che non ho mai visto in 25 anni di carriera» ammette a denti stretti Alisdair Conn, capo dei servizi di emergenza del Massachusetts General Hospital, parlando di «ferite da scene di guerra» che in molti casi «hanno portato le vittime ad arrivare in ambulanza tenendo in mano le gambe amputate dall’esplosione».”

Martin, ucciso a 8 anni mentre aspettava il papà al traguardo. L’articolo a firma di Paolo Mastrolilli:

“Era circa un anno fa, quando Martin Richard aveva deciso di partecipare ad una marcia per la pace che si svolgeva a Boston. Ma cosa può fare, un ragazzino di terza elementare, per fermare la violenza nel mondo? Nulla, ovviamente. Se però tutti ragionassimo in questa maniera, il mondo resterebbe immobile. Allora Martin, incoraggiato dal padre Bill che fa l’attivista nella sua comunità di Dorchester, si era organizzato. Aveva preso un cartone, i pennarelli, e si era messo a disegnare. In mezzo al cartello aveva piazzato una grande scritta: «No more hurting people, peace», basta fare male alle persone, pace. Così, orgoglioso del suo lavoro, si era avviato alla marcia. Martin, 8 anni, non esiste più. È morto lunedì davanti al traguardo della maratona di Boston, dove era andato con la mamma e la sorella per applaudire l’arrivo del papà. Vittima della follia dei terroristi che hanno insanguinato un giorno di festa, incapaci di ascoltare la sua voce pura e sincera.”

L’Fbi: aiutateci, mandate foto e video. L’articolo a firma di Maurizio Molinari:

“L’Fbi conta su video e fotografie realizzati dai civili per aiutare l’inchiesta sull’attentato alla maratona che al momento segue molte piste senza avvalorarne alcuna: chi ha scelto di attaccare Boston nel «Patriots Day» è riuscito a sorprendere l’America, evidenziando la vulnerabilità dei sistemi di sicurezza creati dopo l’11 settembre del 2001. E l’unica traccia che ha lasciato dietro sono degli ordigni simili a pentole a pressione, riempiti da migliaia di piccole biglie e chiodi appuntiti. L’appello A guidare le indagini è l’agente speciale Rick DesLauriers e si presenta davanti ai reporter ammettendo che 24 ore dopo l’attacco «seguiamo molte piste» senza essere convinti di nessuna. L’Fbi potenziata dopo l’11 settembre 2001 dall’integrazione operativa con 16 agenzie di intelligence e sostenuta dalla creazione della «Homeland Security» – il più grande apparato pubblico dopo il Pentagono – non ha nulla di sicuro in mano. Da qui l’appello ai cittadini. «Se avete video e foto, realizzati subito prima e dopo le esplosioni, fateceli avere potrebbero avere dettagli preziosi» dice DesLauriers mentre i suoi agenti perlustrano ogni centimetro di una «zona del delitto» vasta 12 isolati. «La cooperazione con le forze di sicurezza può essere decisiva» aggiunge DesLauriers, sostenuto dal capo della polizia di Boston, Ed Davis, che aggiunge: «Se vedete qualcosa, dite qualcosa». L’intento è cercare fra i cittadini quei tasselli che continuano a mancare nella ricostruzione di un attacco avvenuto in pieno giorno, nel centro affollato di una delle maggiori città della nazione, in mezzo a migliaia di persone.”

Bombe artigianali e poco potenti. L’intelligence valuta la pista interna. L’articolo a firma di Paolo Mastrolilli:

“Il primo punto che fonti di intelligence operative fanno notare è il linguaggio adottato da Washington. Il presidente Obama è stato molto cauto nell’usare la parola terrorismo, e ha ribadito la determinazione a portare i responsabili davanti alla giustizia, come se si aspettasse di trovarli in casa. Gli americani, infatti, non hanno avviato le procedure che scattano abitualmente in questi casi: se sospettano il coinvolgimento di gruppi stranieri, in genere allertano i paesi da dove vengono e i loro apparati di intelligence, per ottenerne la collaborazione. Al momento simili richieste o simili segnali non sarebbero partiti, perché evidentemente gli investigatori non hanno ancora elementi concreti sulle piste internazionali. Il secondo punto è la dinamica dell’attentato: quattro bombe piccole, artigianali, con dentro i chiodi, e almeno una chiusa all’interno di una pentola a pressione. A farle detonare ci avrebbe pensato un timer. Al Qaeda non ha mai operato così: usa ordigni sofisticati e con esplosivo molto potente. Due delle bombe, poi, non sono scoppiate, e anche questa è un’anomalia significativa. Finora i terroristi dei grandi gruppi islamici avevano quasi sempre operato come kamikaze, incuranti del loro destino. Erano pronti a morire, e se sopravvivevano era solo per la volontà di Allah. Il loro scopo era fare il massimo danno possibile, sacrificando le proprie vite se necessario, senza lasciare tracce. In una situazione come quella di Boston, dopo che due bombe erano già esplose, il loro comportamento più logico sarebbe stato quello di tentare tutto il possibile per far saltare anche le altre e uccidere il maggior numero possibile di persone. Invece i terroristi della maratona sono andati via, visto che anche la pista del saudita rimasto ferito e interrogato in ospedale non ha dato frutti.”

Le quirinarie dei 5 Stelle spingono all’intesa Pd-Pdl. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Avrà domani la Repubblica il suo undicesimo Presidente? Se ciò avverrà al primo tentativo (inizio delle votazioni alle ore 10) oppure al secondo (nel primo pomeriggio), il merito involontario sarà tutto di Grillo. Con le sue «quirinarie», che hanno lanciato in orbita la Gabanelli, l’ex comico ha sparso un tale terrore nel Pd e nel Pdl, da costringere i due partiti a darsi una mossa e a tentare un’intesa che fino a ieri mattina sembrava bloccata. Bersani e Berlusconi ci stanno provando sul serio. Il Cavaliere è piombato a sera nella Capitale, lasciando prevedere una notte non certo dedicata alle sue feste eleganti bensì agli «inciuci» della politica. Il segretario Pd ha speso invece la giornata a mettere ordine nel puzzle delle candidature. Colloqui con Marini, con Violante, con la Finocchiaro. Si sentono tutti ancora in corsa, ma Amato sembra avere un’incollatura di vantaggio su di loro. Se non altro, perché non è stato silurato da Renzi. Il sindaco rifiuta di pronunciarsi sul conto dell’ex «Dottor Sottile», segno che non lo giudicherebbe una scelta indecente. Però il suo cuore, si sa, batte per Prodi. E comunque, visto che Bersani l’ha tagliato fuori dalle decisioni, si limiterà a dire la sua stasera a «Invasioni barbariche», quando forse i giochi saranno stati già fatti.”

Nella “rosa” dei democratici spunta il nome di D’Alema. L’articolo a firma di Fabio Martini:

“Ora che Beppe Grillo è entrato decisamente in partita, al quartier generale del Pd vorrebbero fare in fretta. Ma in serata, dopo una giornata di trattative riservate per provare a chiudere la partita Quirinale entro le prime tre votazioni, il quadro si era vieppiù complicato: Giuliano Amato, gradito a Bersani, non decollava; saliva – ed era la vera sorpresa della giornata – Massimo D’Alema. Ma la difficoltà, comunque, a trovare un accordo soddisfacente tra le varie anime del Pd, in nottata rendeva plausibile lo scenario più temuto dall’entourage Bersani: l’irrompere di Stefano Rodotà, portato dal Cinque Stelle e capace di «partire da un plafond iniziale di 200 voti», faceva notare un battitore libero come il Pd Pippo Civati, immaginando una saldatura tra grillini, Sel e sinistra Pd. Certo ne mancherebbero ancora tantissimi di voti, circa 300, per superare la soglia presidenziale, ma quella di Rodotà sarebbe una candidatura spostata a sinistra verso la quale il Pd avrebbe difficoltà ad opporre veti. Rodotà è stato presidente del Pds, a lungo parlamentare del partito «genitore» del Pd e l’unico «neo» dovrebbero semmai denunciarlo i «nuovisti», visto che nel passato fu proprio Beppe Grillo ad obiettare sulla corposa, legittima pensione di Rodotà.”

Iran, voci dal terremoto nascosto “Villaggi sbriciolati, il governo tace”. L’articolo a firma di Francesca Paci:

“Gli edifici hanno ballato in maniera spaventosa, la zona vecchia e i principali impianti sportivi sono distrutti, ma io ringrazio Dio perché poteva andare molto peggio», racconta alla Bbc in farsi un abitante di Saravan, remota cittadina della arida e poverissima provincia del Sistan Baluchistan, a un’ottantina di km dall’epicentro del terremoto che ieri pomeriggio ha squassato il Sud-Est dell’Iran, la fascia montana al confine con il Pakistan. Ci vogliono ore e la fine del blackout elettrico perché le voci dei testimoni arricchiscano le prime confuse notizie diffuse dal regime di Teheran, secondo cui ci sarebbero feriti ma nessuna vittima. Poi, su Facebook, lo studente «mbaluch» aggiorna il quadro: «Nei villaggi di Gosht e Sourain la situazione è molto difficile, i soccorsi sono lenti, non sappiamo cosa troveremo sotto le macerie». Per la seconda volta in otto giorni la terra trema in Iran con una potenza che stavolta scuote l’intera regione, dal Golfo Persico all’India. La scossa della settimana scorsa aveva ucciso 37 persone nel porto di Busher, questa viene valutata la più potente degli ultimi quarant’anni.”

Il trappolone. Il Giornale: “Grillo propone al Pd di votare la Gabanelli in cambio dell’appoggio al governo. Ma la vera trattativa è su Rodotà. Berlusconi: «Nel segreto del voto può accadere di tutto». E prepara l’incontro con Bersani.”

Per prendere Palazzo Chigi Bersani gioca con Rodotà. L’articolo a firma di Laura Cesaretti:

“Ma Bersani, raccontano i suoi, «si sta lasciando aperta ogni strada». E le avance di Gril­lo, ieri, hanno fatto rinascere in lui la speranza mai sopita di an­dare finalmente a Palazzo Chi­gi, e non grazie ad un vituperato «inciucio» col Cavaliere. «Se vo­ti il nostro candidato potrebbe essere l’iniziodi una collabora­zione », lo ha blandito il comico genovese. Ovviamente neppu­re B­ersani può pensare di far vo­tare al Pd la Gabanelli, ma sul se­cond best grillesco, l’ex Ds Stefa­no Rodotà, «si può discutere e trovare una convergenza», am­mette la fedelissima Moretti. Per questo il segretario Pd fa cir­colare la «carta segreta» Sabino Cassese, giurista come Rodotà e ballon d’essai di avvicinamen­to ai 5 Stelle. Avvicinamento che potrebbe poi finire su Pro­di. «Il dramma è che non pare es­serci un nome che riesca a reg­gere più di 24 ore», sospira Mi­chele Ventura, ex parlamenta­re toscano di lunghissimo cor­so, dalemiano e nella scorsa le­gislatura presidente vicario del gruppo Pd. Uno che ne ha viste tante, nel Palazzo, ma che oggi si dice «preoccupatissimo» per quel che può succedere se la partita scappa di mano: «Altro che metodo Boldrini, mai come in questo momento serve un presidente di fortissima caratu­ra politica, perché dovrà gestire la crisi più difficile della storia italiana. Non è tempo di dilet­tanti allo sbaraglio».”

Grillo lancia Gabanelli e ricatta il Pd. L’articolo a firma di Emanuela Fontana:

“Alla fine i grillini scelgono la tv. Milena Gabanelli candidata presiden­te della Repubblica. In fila dietro di lei tutti gli aspiranti selezionati dalla rete a Cinque stelle. Secondo Gino Strada. A seguire l’ex Garante della privacy Ste­fano Rodotà. Sesta l’altra donna in liz­za, Emma Bonino. I tre magistrati Za­grebesky, Imposimato e Caselli rispet­tivamente quarto, quinto e settimo. Ul­timo e penultimo Dario Fo e Romano Prodi. Grillo choc invece sceglie l’in­ciucio con il Pd: se i democratici vota­no la conduttrice di Report , il moVi­mento metterà «ai voti» un possibile accordo sul governo Bersani. La candi­data presidentessa scelta per ora non accetta e non rifiuta: «Sono commos­sa e sopravvalutata». Si sente onorata e tutto questo «è altamente gratifican­te ». Quando «i proponenti mi chiede­ranno, risponderò». L’attesissimo responso dell’oracolo grillino, le quirinarie gestite on line dal gran burattinaio del partito Gianrober­to Casaleggio, si concludono con una top ten senza numeri. C’è la classifica ma non ci sono i votanti. In rete si scate­na a protesta. Dov’è finita la sbandiera­ta trasparenza? « Vorrei sapere quanti voti ha preso ogni singolo candidato. Vorrei sapere perché non lo dite», scri­ve Luca Tegoni. «Ragazzi – polemizza Umberto Guerra – senza i numeri dei voti e dei votanti il (bel) risultato di que­sto esperimento di democrazia diretta è incompleto». Messaggi così sono di­ventati centinaia. Sono arrivate anche accuse di votazioni «bulgare».”

Mps, maxisequestro a Nomura Antonveneta costò 16 miliardi. L’articolo a firma di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica:

“Mps, sprofondo rosso. Quasi due miliardi di euro (1,8 per l’esattez­za) sequestrati dai pm di Siena alla banca giapponese Nomu­ra p­rotagonista dell’ affaire deri­vati Alexandria. E mentre la Gdf acquisisce atti da Bankitalia, dalle carte emerge il vero salas­so che è stata, per Mps,l’opera­zione Antonveneta: 16,7 miliar­di, non 9 come si diceva inizial­mente («al netto della liquidità effettiva la spesa è pari a 16.767.652.631,96», scrive la Procura) il costo per le casse del Monte. Contestualmente gli ex vertici del Monte (Mus­sari, Vigni e Baldassarri) sono indagati a vario titolo e in concorso, insieme a due ex colleghi del colosso nippo­nico (l’ad eu­ropeo Sadeq Sayeed e il funzionario italiano Raffaele Ricci, quello che ha guadagnato dal 2009 a oggi 13mila euro al giorno) per reati da capogiro finanziario in dan­no di Mps: si va dall’usura o truf­fa pluria­ggravata all’ostacolo al­l’autorità di vigilanza, dall’infe­deltà patrimoniale aggravata al­le false comunicazioni sociali. Giocoforza i conti correnti dei protagonisti dell’ affaire sono stati sigillati. Due milioni e mez­zo a Mussari, quasi dieci a Vi­gni, 2,2 a Baldassarri. Tutti avrebbero portato un vantag­gio a Nomura e uno svantaggio letale a Mps per salvare poltro­ne, ricchi stipendi e bonus. Ma quell’operazione per i pm «ha determinato, determina e de­terminerà immani conseguen­ze negative sulla liquidità e sul­l’operatività di Mps».”