La buona stella è a tempo, Walter Riolfi sul Sole 24 Ore

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Febbraio 2014 - 10:23 OLTRE 6 MESI FA
La prima pagina del Sole 24 Ore

La prima pagina del Sole 24 Ore

ROMA – “La buona stella è a tempo” è il titolo dell’editoriale di Walter Riolfi sul Sole 24 Ore:

La borsa, si sa, segue in qualche modo la traccia battuta dagli altri mercati azionari europei, i quali, più o meno fedelmente, ripercorrono il cammino indicato da Wall Street. Ma sui Btp si riversano, e da mesi, consistenti flussi di denaro con un’accelerazione a febbraio in buona parte favorita dalle speranze suscitate dal nuovo corso politico impersonato da Matteo Renzi. In ogni caso, la buona stella che sta propiziando la Borsa e i titoli di Stato italiani è la medesima che incoraggia da tempo la propensione al rischio sui mercati finanziari dei Paesi sviluppati: Stati Uniti, Europa e Giappone.
Se la matrice di questa propensione al rischio va cercata nelle politiche monetarie non convenzionali della Federal Reserve e, poi, della banca del Giappone, il suo più recente sviluppo s’è sostenuto sulla crisi che ha investito i mercati emergenti. perché una parte degli ingenti capitali che erano stati investiti in Cina, Brasile, Turchia e in genere sulle attività dei Paesi emergenti stanno tornando in occidente. La ricerca di più alti rendimenti ne spinge una parte sui titoli di Stato italiani o spagnoli o portoghesi (greci persino), ritenuti a torto o ragione meno rischiosi dei bond societari e governativi dei Paesi in via di sviluppo.
Se la tendenza dovesse proseguire, come stimano parecchi economisti e strategist delle maggiori banche d’investimento internazionali, il rendimenti di Btp e Bonos dovrebbero scendere ulteriormente: specie quelli dei primi, qualora, per parafrasare un’efficace espressione di Pier Luigi Bersani, lo spread tra parole e fatti del Governo Renzi dovesse restare contenuto. Di pari passo anche lo spread tra Btp e Bund potrebbe ridursi ulteriormente, come stimano gli analisti di Barclays: attorno ai 180 punti (192 ieri), seppure solo perché dovrebbero ragionevolmente salire i troppo bassi rendimenti dei titoli tedeschi. E dovrebbe non solo annullarsi (come difatti è già avvenuto) ma diventare negativo di circa 15 centesimi, sempre secondo Barclays, lo spread tra Btp e Bonos, perché la speranza di riforme «strutturali» sembra adesso spirare da Roma più che da Madrid.
Ma il benefico influsso di ogni buona stella è il risultato di felici congiunture. La prima è che i tassi d’interesse negli Stati Uniti non salgano prima del previsto per effetto di una ripresa economica che, in ogni caso, tra gennaio e febbraio, pare essersi alquanto raffreddata, forse per il clima polare che ha afflitto parte del Paese. La seconda è che la crisi dei Paesi emergenti resti contenuta e non turbi i mercati finanziari internazionali, come avvenne nel 1998. La terza, che l’economia d’Eurozona possa, seppur zoppicando, continuare a progredire. Ma l’amalgama di tutto questo sta sempre nella propensione al rischio che s’agita a Wall Street. Molto dipende da come verrà metabolizzata la fine del quantitative easing della Fed o, più avanti, dagli sviluppi della ancor meno convenzionale politica monetaria giapponese. Nel breve termine, si può osservare come, dopo il 2009, ad ogni piccolo e momentaneo indebolimento dello yuan cinese abbia corrisposto un’altrettanto modesta correzione dell’indice S&P, non fosse altro perché s’interrompeva un lucrativo carry trade sul dollaro. Questa correzione non s’è (ancora) vista, forse perché gli algoritmi che fanno muovere Wall Street sono troppo condizionati dal cambio tra yen e dollaro.