Carlo Trigilia: “Il governo non è il bancomat di Massimo Cialente”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Gennaio 2014 - 11:06 OLTRE 6 MESI FA
Carlo Trigilia

Carlo Trigilia (LaPresse)

ROMA – Il ministro alla Coesione territoriale, Carlo Trigilia, è il principale bersaglio degli strali di Massimo Cialente, il sindaco dimissionario dell’Aquila, che sostiene di essere stato sostanzialmente costretto alle dimissioni dal governo. “Lettura sbagliata, ingenerosa e anche un po’ strumentale”, è la risposta di Trigilia.

L’intervista sulla Stampa a cura di Francesco Grignetti:

Ministro, Cialente va urlando che gli avete tagliato i fondi.

«Francamente è sbagliato, e pure inaccettabile, motivare le dimissioni per un presunto abbandono da parte del governo. Parole che si prestano a letture strumentali e che spostano il piano delle responsabilità. Il sindaco è liberissimo di fare le sue scelte, ma se decide di dimettersi, ciò accade solo a seguito di un’indagine della magistratura».

D’accordo, ma i soldi?

«Qui dobbiamo intenderci. C’è stata un’escalation di critiche fino al punto d’indicare il sottoscritto come un ministro incompetente, assente, addirittura disinteressato alle sorti degli aquilani. Le cose non stanno così. E mi spiego: il flusso di finanziamenti per la ricostruzione non si è mai interrotto e mai si interromperà. C’è un impegno politico del governo e il sindaco lo sa bene. È poi vero che gli ultimi stanziamenti sono limitati: 600 milioni. Ciò è innegabile, stante la situazione della finanza pubblica. Ma appunto dobbiamo distinguere: un conto è il flusso di cassa, altro sono gli immobilizzi sul lungo periodo».

Che cosa significa in concreto?

«Che è inutile chiedere miliardi, che tutti sappiamo non esserci, quando poi la capacità di spenderli è sui 500 milioni all’anno. Per dirla con semplicità, non serve a nulla un enorme serbatoio carico d’acqua se poi dal rubinetto passa un filo».

Il flusso.

«Che dipende da mille cose. Ci sono interdipendenze tecniche che non s’aggirano. E non possiamo prendere in giro i cittadini. È inimmaginabile che il problema si possa risolvere in un anno o due. Occorrerà 1 miliardo all’anno per i prossimi 5-6 anni. Importante è l’impegno del governo, del ministro Saccomanni, del presidente del Consiglio, e mio, a non strozzare il flusso».

Come sta andando il processo di ricostruzione?

«Dal 2009 a oggi sono stati spesi circa 12 miliardi di euro; 43 mila persone, pari al 66% degli sfollati, sono rientrati a casa; all’Aquila sono aperti oltre 3mila cantieri; con l’apertura degli Uffici speciali per la ricostruzione all’Aquila si registra un aumento delle pratiche da 400 milioni di euro annui a 1,2 miliardi. È aumentato il numero delle pratiche esaminate. Naturalmente non nascondo le difficoltà, il problema posto dal sisma è tra i più complessi in termini di ricostruzione. Non si può però sostenere per mesi che l’Aquila è stata abbandonata» (…)