Casa Matti, 25 profughi per 25 abitanti. Residenti insorgono

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Marzo 2016 - 15:06 OLTRE 6 MESI FA
Casa Matti, 25 profughi per 25 abitanti. Residenti insorgono

Casa Matti, 25 profughi per 25 abitanti. Residenti insorgono

PAVIA – A febbraio scorso a Casa Matti, minuscola frazione di Romagnese in provincia di Pavia, sono approdati 25 profughi. Tanti quanti sono gli abitanti, quasi tutti pensionati, che vivono nel piccolo borgo sulle pendici del monte Penice. Il caso è finito pure in Parlamento con un’interrogazione parlamentare del capogruppo della Lega al Senato, Gianmarco Centinaio. E tra gli abitanti serpeggia la preoccupazione: temono che i migranti annoiati possano iniziare a delinquere.

Ne parla il Corriere della Sera:

I venticinque richiedenti asilo arrivati dall’Africa, sono tutti uomini tra i 20 e i 30 anni. Uno dei due alberghi della frazione Casa Matti di Romagnese ha dato disponibilità alla Prefettura e, il 27 febbraio, in mezzo a una tormenta di neve, un pulmino si è arrampicato fino a lì e li ha fatti scendere all’hotel Alpe. Nel nulla. In questo piccolo borgo a mille metri di altitudine ci sono solo due chiesette, la pista da sci del monte Penice e 25 abitanti, tanti quanti i migranti, quasi tutti pensionati. «Tra le 5 persone in età lavorativa ci siamo io e la famiglia che gestisce l’albergo Penice» — spiega Samuel Cuneo, ingegnere di 45 anni, che qui vive solo con Cheope, un pastore tedesco. Dopo l’arrivo del gruppo di africani ha scritto al ministero dell’Interno: «Saranno anche bravi ragazzi, ma siamo preoccupati: è come se un’intera comunità di estranei fosse piombata di punto in bianco in paese. La tranquillità e la sicurezza sono fondamentali per noi e per i villeggianti, soprattutto anziani e mamme coi bambini. Anche perché siamo isolati e mancano i servizi».

Casa Matti dista sette chilometri (di strade impervie) dal capoluogo di Romagnese, 18 da Varzi dove c’è il primo ospedale, mentre i carabinieri di Zavattarello, quando non nevica, per arrivare ci impiegano almeno mezz’ora. L’unico negozietto che vendeva giornali e sigarette ha chiuso forse vent’anni fa. Da ottobre scorso la posta arriva a singhiozzo e per prendere un mezzo pubblico c’è da farsi il segno della croce. Come se non bastasse, dicono in paese, d’estate l’acqua arriva col contagocce per problemi agli impianti. «Senza un’auto si rischia di morire di fame — scherza Samuel, che poi si fa serio — ma chi li ha mandati non si è chiesto cos’avrebbero fatto tutto il giorno? Temiamo che una concentrazione così alta di individui in un luogo senza servizi e opportunità di lavoro sfoci in situazioni pericolose».