Cofferati, primo “sceriffo di sinistra”: “L’esercito nelle città è inutile”

di Ugo Brambilla
Pubblicato il 16 Novembre 2016 - 15:34 OLTRE 6 MESI FA
Cofferati, primo "sceriffo di sinistra": "L'esercito nelle città è inutile"

L’esercito in strada a Milano (ANSA)

Sergio Cofferati, il primo “sindaco sceriffo” di sinistra, dice che l’esercito nelle città è inutile per affrontare e cercare di risolvere problemi di ordine pubblico, sicurezza reale e soprattutto percepita. La miccia del dibattito l’ha accesa il sindaco di Milano Giuseppe Sala, l’uomo Expo, già chiamato da Letizia Moratti a fare il direttore generale del Comune, ora volto del Pd sotto la Madonnina. Cosa ha detto Sala, dopo un omicidio in piazzale Loreto, che ha avuto un forte impatto mediatico perché esito di una faida fra gang di latinos? Che servirebbe l’esercito a Milano.

L’esercito nelle strade è una delle eredità del governo Berlusconi IV. L’operazione “Strade sicure”, voluta dall’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa, portò a presidio di luoghi a rischio attentati un contingente che è via via aumentato e che adesso consiste in 7 mila uomini. Irrilevanti sono invece le statistiche sull’effettivo intervento dei soldati nella gestione dell’ordine pubblico e nella prevenzione dei reati, mentre è difficile quantificare l’effetto deterrenza.

L’attuale ministro della Difesa Roberta Pinotti (Pd), afferma che a Roma i reati sono diminuiti del 30 per cento da quando l’esercito è impiegato in strada. La Pinotti lega l’effettiva diminuzione dei reati denunciati nella Capitale dal 2008 a oggi (anche se non si tratta del 30%) al varo di “Strade sicure”: un collegamento difficile da provare. Intervistato da Francesca Schianchi de La Stampa, Cofferati ha dichiarato che

«Il sindaco Sala ha la fortuna di poter affrontare il problema della sicurezza senza le resistenze ideologiche che hanno condizionato il lavoro dei sindaci dieci anni fa». Quando, cioè, l’attuale europarlamentare Sergio Cofferati, fuoriuscito quasi due anni fa dal Pd dopo aver contribuito a fondarlo, era sindaco di Bologna. Eletto a furor di popolo al primo turno, venne presto ferocemente criticato dalla sua stessa parte politica per le scelte in materia di legalità.

[…] «L’esercito nelle strade non solo non mi convince, ma mi sembra poco efficace. Non conosce il territorio, può fare solo deterrenza».[…]
Secondo lei come si dovrebbe intervenire a Milano?
«Con una maggiore presenza di associazioni di volontariato, enti di mediazione culturale, e vigili urbani».

La solita ricetta di sinistra – cultura contro la violenza – che però necessita di almeno una generazione per funzionare?
«No, bisogna avere le due cose insieme: il lavoro culturale ma bisogna anche, se accadono eventi negativi, intervenire immediatamente. Secondo me però è più efficace affidarsi a un concerto di forze dell’ordine e polizia comunale che all’esercito. Tutti devono poter vivere nelle migliori condizioni possibili: quando mancano queste condizioni, i più penalizzati sono i più deboli».
Quando diceva queste cose dieci anni fa la chiamavano «sindaco sceriffo»…
«Nelle intenzioni di chi lo usava era un insulto, ma nella storia americana e nella narrazione popolare lo sceriffo ha sempre svolto una funzione positiva di contrasto ai banditi».

Lei diceva che la sinistra aveva il tabù della legalità perché la considerava una bandiera di destra. Oggi Sala non è stato subissato di critiche come capitò a lei. Forse quel tabù è rotto?
«Può darsi ci sia stata un’evoluzione positiva nella presa di coscienza della sinistra delle condizioni da garantire a una comunità. Lo spero. La questione è come garantire le condizioni ideali di vita ai cittadini, evitando le semplificazioni: non sempre sono le periferie i luoghi difficili, e non c’è un nesso automatico tra insicurezza e immigrazione».

Lei parlò anche di maggiori poteri di polizia ai sindaci: pensa ancora sarebbero utili?
«Rispetto a quel periodo, la situazione oggi è diversa, il problema che viene recepito è più legato alla violenza che al danno economico. Forse oggi una cosa sui cui riflettere non è la cessione di poteri, ma un coordinamento molto stretto tra funzioni – prefetto, questore, amministrazione, forze dell’ordine – gestito localmente sul territorio per trovare di volta in volta le soluzioni migliori».

Rispetto a quando era sindaco lei, si è fatta più urgente la crisi migratoria: se non viene gestita bene sul territorio, crea allarme sociale…
«Non c’è dubbio. La mancanza di regole comuni europee, la demagogia e la drammaticità di un fenomeno destinato a diventare secolare condiziona il sentire comune».
Come si gestisce?
«Per avere politiche europee sull’immigrazione bisogna cambiare i trattati. E servono politiche nazionali coerenti con quelle europee: la mancanza di questi due aspetti appesantisce il fardello sulle spalle dei sindaci».